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2012/08/13

Il senso dello scrivere



Più alto e più oltre

E finalmente sono finite le Olimpiadi di Londra.
Per due settimane tutti i media hanno scritto di tutto su questo evento passando dalla carta igienica dei cessi del villaggio olimpico fino al colore delle scarpe delle atlete statunitensi.
Diciamo che si sono sbizzarriti, a briglia sciolta a mostrarci il lato nascosto di un evento epocale che si ripeterà puntualmente fra quattro anni a Rio de Janeiro in Brasile.

Hai aperto un blog per parlarci (anche tu) delle Olimpiadi?

No di sicuro, ho aperto un blog per parlarvi di me, della mia passione inconfessabile, della scrittura, del desiderio folle di essere uno scrittore, non necessariamente uno scrittore di successo perchè quello (il successo) lo si costruisce giorno per giorno attraverso gli scritti ed i pensieri che riusciamo a mettere in ordine lettera su lettera in un foglio di carta bianca, perchè il successo non viene da solo ma va cercato, rincorso, afferrato e convinto a non abbandonarti più e con lui tutte le schiere di affezzionati lettori che attendono ansiosi la prossima opera, affamati di cultura e di storie che li possa emozionare.

Ma quanto conosco io di questa vita che pure è trascorsa senza troppi sussulti, senza drammi e dolori grandi, senza la percezione dello scorrere intenso del tempo.
Nulla, non conosco nulla. Cerco di spremere i ricordi e man mano che essi scaturiscono dalla mente li trascrivo in perfetto ordine in queste pagine per antica e nuova memoria affinchè qualcuno, in un giorno lontano, abbia a dire: io c'ero, l'ho conosciuto.

Ci fu qualcuno che condannava la letteratura come un "vizio", sintomo di inettitudine e di malattia, chiedendosi provocatoriamente che posto possa avere la letteratura in una società capitalistica in cui il potere economico ha soppiantato ogni altro valore, in cui cresce sempre di più la divaricazione tra realtà e apparenza, tra essere e avere. Scrivere è un involontario banco di prova per una ridefinizione del rapporto vita-letteratura, anticipazione, in un gioco di specchi, lo scrittore compone e scompone l'esistenza ricreando il passato alla luce delle esperienze successive con la fluidità che la parola possiede e la sua capacità di dire e nel contempo di non dire, di affermare ma anche di insinuare dubbi sulla veridicità di quanto affermato.

La scrittura dunque come memoria del passato, testimone di una identità conquistata che fissa il presente e accoglie le fantasticherie del futuro. E' con la scrittura che si crea l'illusione di scampare alla condanna terrena del non più essere, l'io scrittore si immedesima nel personaggio principale e lo fa suo raccontando la propria vita o quella di un altro individuo, a questo punto non è importante sapere chi è o chi fu, ma chi sarà in modo da trasformarlo in un racconto a finale aperto, mai concluso, mai definitivo che richiama il lettore a rimisurarsi con i propri scritti per cercare quella fine che rimbalza, con una palla impazzita, e non si svela mai.
La fatica letteraria quindi sottrae al caos della realtà la propria esistenza e in quest'operazione scrittura privata, epistolare e letteraria si fondono. La scrittura corregge il reale come il ricordo, corregge il passato ricomponendo gli avvenimenti, grezzi, stonati e disordinati per sempre o mai, in una superiore armonia che sfugge nell'atto e nel momento.

E' attraverso la scrittura che la macchina disorganizzata della vita può ricomporsi. I fatti hanno così poca importanza perchè indifferenti al corso delle cose, si fondono nella supponenza e scompaiono alla vista di chi vorrebbe ma non sa, in se sono nulla, ricomposti in uno scritto prendono corpo, eccitano spingono, emozionano, sollecitano quello che transiterebbe meccanicamente nella perfetta indifferenza nella vita dello scrittore per avviarsi all'oblio più assoluto. Solo la scrittura diventa il testimone della vita, della capacità di fondere il pensiero con il sogno e creare la storia. Da surrogato della vita la scrittura diventa un mezzo d'elezione per superare i confini angusti dell'esistenza, i limiti dello spazio e del tempo.

Solo la letteratura può correggere la vita,  può riplasmare la vita vera in una finzione da tutti accettata in modo da non riconoscerla da quella reale, ha quindi una funzione compensativa, niente affatto trascurabile che si giustifica e si scagiona da sé, rendendo in definitiva paradossalmente superiore la dimensione contemplativa.

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