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2014/03/21

L'Italia, l’Europa e l’Euro (cronache di fallimenti)


Entrare nell’Euro per l’Italia è stato complessivamente positivo perché ha stabilizzato le finanze, ci ha imposto delle regole, ha sottolineato i nostri limiti e ci ha obbligati a passare da una economia dell’inflazione a quella della stabilità.

Il problema è che parte dell’Europa (non solo l’Italia!) era molto squilibrata rispetto alla “media” centro-continentale ovvero Germania, Francia e Benelux ed allargandosi man mano ha sì portato avanti un positivo discorso europeista, ma non riesce ad affrontare la crisi tanto che lo stesso concetto di “Europa” sta crollando a livello di opinione pubblica, con punte del 68% di cittadini europei insoddisfatti della UE.

Un Euro che ha funzionato come unificante, ma non regge in periodo di crisi anche perché aggrava e non risolve gli squilibri.

Perdono le economie deboli che sono obbligate però a mantenere il regime dei prezzi, dei costi e delle norme comuni, ma non possono agire sulla leva finanziaria per rilanciarsi in tempi di crisi.

Oggi che – diversamente dal 2002 - la crisi “morde” dal punto di vista dell’occupazione, degli investimenti, della concorrenza internazionale i paesi che non possono ricorrere al credito (o lo usano male, a volte per coprire “buchi” di bilancio dello Stato o delle proprie banche, ma che però sono comunque obbligati a farlo per rigide norme comunitarie) non possono più competere. Così chi è ricco lo è sempre di più (Germania) e impone le regole, chi è povero va in rovina. Vale per l’Italia ma anche per Grecia, Spagna Portogallo, Irlanda, Cipro, con le nuove nazioni dell’Est che sono sulla nostra stessa strada:

La domanda è se un Euro concepito così ci serva ancora, se dobbiamo passivamente subirlo a queste condizioni oppure se non dobbiamo invece cominciare a chiedere di cambiarne almeno alcuni parametri.

Ricordate quando c’era la lira, tanti anni fa, ed i prezzi di Palermo e del Sud erano sensibilmente inferiori a quelli di Milano? Con l’Euro c’è stato un riallineamento al rialzo incredibile: in Italia, Grecia, Portogallo TUTTI i prezzi si sono riallineati alla media europea, il pane oggi costa a Lisbona come a Berlino, ma un pensionato italiano prende un terzo degli euro tedeschi, così come un insegnante o un dipendente mentre il pensionato portoghese ne prende un quinto.

L’imprenditore sta anche peggio perché la sua azienda non può più essere competitiva in quanto i costi di acquisto, del lavoro, del denaro ecc. sono addirittura più alti della concorrenza europea e quindi va fuori mercato. La conferma è nei dati: la disoccupazione tedesca è minima, la nostra paurosa. D'altronde una impresa tedesca può ammodernarsi e investire, riducendo ulteriormente i costi e la nostra no… per regole fissate in Germania!

La politica europea è uscita dalla logica: via i dazi extra UE si importa il riso asiatico e si chiudono le risaie a Vercelli, come le nostre imprese di trasformazione sono distrutte da nazioni dove il costo del lavoro è 10 euro al giorno e l’esempio vale per tutti i settori.

Questi effetti sono dovuti proprio anche all’Euro e a una politica monetaria assurda, non possiamo più nascondercelo.

Il New Deal americano, dopo la grande depressione del ’29, puntò alle infrastrutture e agli investimenti per dare lavoro e far ripartire l’economia. La stessa politica monetaria USA di oggi (dollaro bassissimo contro l’euro) uccide le nostre esportazioni e ha moltiplicato il deficit federale americano, ma l’economia USA “tira”, noi siamo al blocco del 3% dai vincoli di bilancio!

Non mi piace la demagogia, ma la concretezza: il governo italiano deve assolutamente chiedere delle rinegoziazioni serie dei trattati, altrimenti è interesse nazionale minacciare l’uscita da un sistema monetario impossibile e che non ci permette più di essere competitivi.

Attenzione: anche uscendo dall’Euro ci sarebbero problemi, ci saranno indubbiamente moltissimi vantaggi nel breve e medio termine, qualche rischio se non si opera una stretta vigilanza per non ricadere nei problemi che abbiamo avuto quando siamo passati dalla lira all'euro ma non c’è dubbio che stando così le cose facciamo la fine dei polli di Renzo (non di Matteo, quelli dei Promessi Sposi!)… e ci tirano il collo.

Quello che spaventa è che di queste cose non si parla mai a fondo, si urla anzichè ragionare, non si ascoltano i dubbi che cominciano a circolare anche a livello monetario internazionale e ci sono “tabù” che sembrano intoccabili. Uscire o rinegoziare l’Euro non significa uscire dall’Europa: Gran Bretagna, Svezia, Norvegia, Danimarca ecc. sono nazioni europee ma non usano l’Euro e se la cavano molto meglio di noi.

Noi italiani tra l’altro abbiamo un grande vantaggio da far pesare sulle trattative: siamo comunque un mercato di 60 milioni di persone che se ricominciassero a comprare italiano, mangiare italiano, fare vacanze in Italia e così via (magari anche tornando a pagare in valuta italiana…) avrebbero tutto da guadagnare e rilancerebbero l’economia e l’occupazione interna. 

Vogliamo ripartire con questo discorso? Credo proprio che sia necessario.

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