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2015/11/03

Piove, governo ladro...


L'eterna storia del potere, sordo alla sofferenza dei più deboli sin dalla più remota antichità, ha collegato un dono di Dio quale è la pioggia all’indebito arricchimento dei potenti.
Già quasi 5.000 anni fa, al  tempo della quarta dinastia dell’antico regno egiziano, il Faraone Cheope, descritto da Erodoto come un tiranno che, avido di denaro per i suoi lussi, avrebbe schiavizzato il suo popolo per erigere il proprio monumento funebre (la famosa piramide maggiore), aveva collegato direttamente l’ammontare delle tasse alle precipitazioni che determinavano le esondazioni del Nilo, il cui limo rendeva il terreno agricolo più fertile da dare due raccolti all’anno.
Nell’antica Roma i magistrati venivano pagati con grano, vino e olio. I soldati ricevevano parte di queste derrate con l’aggiunta, secondo un peso prestabilito,  di sacchi di sale (da cui la parola salario) proveniente dalle saline del Mar Adriatico attraverso la Via Salaria. Se nei giorni di paga pioveva, il sale si impregnava d’acqua con la conseguenza che pesando di più ne veniva distribuito di meno. Per questo i soldati imprecavano contro il sistema che in pratica era un arricchimento indebito dell’Erario, coniando, secondo la leggenda, come prima forma di protesta nei confronti del potere, l’espressione: piove, governo ladro!

Nel Medio Evo e nel Rinascimento la tassazione, che contava una miriade di gabelle, fu estesa alla raccolta di acqua piovana in cisterne, alimentate da grondaie e scolatoi dei palazzi nobiliari, sicché ai poveri non era consentito nemmeno di poter godere di un dono gratuito del cielo.

In tempi più vicini, dopo l’effimero regno d’Italia di Napoleone, quando il Lombardo-Veneto era sotto il dominio austriaco, il Governo di Vienna, introducendo una specie di IRPEF ante litteram, aveva reso le tasse rigidamente proporzionali al raccolto per cui ai contadini non veniva dato scampo: un’annata piovosa significava inevitabilmente un raccolto più abbondante con conseguente aumento delle tasse. 

All’arrivo delle piogge gli agricoltori si affrettavano a nascondere le poche derrate di riserva ed a imprecare: piove, governo ladro! E il granduca di Toscana, ricordando l’esperienza dei romani sull’importanza capitale del sale, mise una tassa aggiuntiva sulla sua produzione dando luogo alla nascita del monopolio di Stato, estinto in Italia solo 100 anni dopo con legge del 1966. Poiché la pesa veniva effettuata sempre nei giorni di pioggia, che aumentava il peso del sale, ai produttori non restava che ribellarsi con la stessa espressione di scherno ed ingiuria.

Ma tale forma di protesta ebbe anche una connotazione politica quando i mazziniani avevano predisposto, nel 1861 a Torino, una dimostrazione antimonarchica. Il giorno fissato ci fu un tremendo temporale, che colpì la città senza alcun preallarme e la manifestazione abortì. Di qui il Pasquino, rivista satirica dell’epoca, pubblicò una vignetta che ritraeva tre manifestanti inzuppati d’acqua che urlavano polemicamente: piove, governo ladro!

Non solo il governo ruba, non solo loro sono ladri, che poi a ben guardare sguazzano in un ambiente chhe di furti grrandi e piccoli ha sempre vissuto, anche il popolo si è attrezzato, per non sembrare inferiore a chi mlo comanda. Ho raccolto dunque delle testimonianze di vittime di furti e borseggi, a Milano. Mi è bastato mandare un messaggio ai miei contatti Facebook per incassare una quantità inaspettata di racconti (dall’aperitivo al dolce, come vedrete) a formare una sorta di storytelling e volenterosa narrazione collettiva – accenti diversi: ansioso, ironico, spaventato, post trauma – che testimonia non soltanto la considerevole diffusione del reato ma il generico timore che, nel tempo della crisi economica, qualcosa di molto spiacevole stia acquistando potenza nell’ombra pronto a colpirci alle spalle. “Mi ha fatto bene parlarne”, mi hanno poi scritto in molti.

L’aperitivo al bookshop

“La mia fiducia negli altri mi faceva credere che durante un evento, in orario aperitivo, nella libreria a Milano dove lavoro, non sarebbe mai potuto succedere niente di male. Per di più in uno spazio molto piccolo dove tutti ci conosciamo. E invece. La mia borsa si trovava in un angolo, proprio sotto la mia scrivania. Ad un certo punto, in mezzo ad un pubblico di giovani, noto una coppia di circa 55-60 anni. Italiani. Hanno ascoltato per intero il talk, sbadigliando e poi, al momento dell’aperitivo, la donna ha cominciato a stazionare nei pressi della scrivania, dov’era allestita parte del buffet. È bastato allontanarmi un attimo e la borsa è sparita. Insieme al mio iPad, all’iPhone, alle chiavi della macchina e a quelle di casa. Sulle prime non riesci neppure a crederci. Grazie alla tracciabilità dello smartphone siamo riusciti a individuare il tragitto del telefono (dunque della borsa). Così sono partiti in scooter un paio di amici, che per un po’ hanno inseguito il tram 14 che taglia tutta la città fino al Giambellino. Ma alla fine le tracce si sono perse. Insieme alla mia fiducia negli altri. Non c’è crisi che tenga. Almeno per quella sera”. (Barbara)

L’aperitivo2

“Stavo facendo l’aperitivo quando mi sono accorta, con la coda dell’occhio, della presenza abbastanza famigliare di un vecchio eroinomane che bazzica da sempre la zona di Ticinese. L’ho intravisto, alle mie spalle, armeggiare intorno al portapacchi della vespa, dove tengo la borsa che uso per il pane. Al che mi sono girata e gli ho detto “Scusa, ma che cazzo stai facendo?”, e lui mi ha risposto “Minchia, sto cercando di rubare una borsa…”. Alla fine, per farsi perdonare, mi ha messo al polso un bracciale fatto da lui con le linguette di metallo delle lattine. E mi ha chiesto scusa. Se lo rivedo gliela regalo la borsa”. (Ilaria)

I surgelati

“Allora, 
un po’ di tempo fa, una sera torno nella mia casa di via Paolo Sarpi, all’interno di un classico complesso di ringhiera. Infilo la chiave, apro la porta e trovo tutto sottosopra.
 Capisco che è entrato qualcuno e che senz’altro si sarà portato via qualcosa. Conclusione: sparito il mio MacBook, e fino a qui sconfortante, angosciante, ma tutto nella norma, ma con mia grande stupore scopro che mancano anche una mia vecchia giacca di velluto, una confezione di assorbenti, una bottiglia di Cillit Bang e un chilo di surgelati”. (Giulia)

Ciprì e Maresco

“A me e Silvia hanno fottuto due bici nel giro di una settimana. Non per strada, ma dentro il cortile di casa. Una cosa molto brutta, che ti fa sentire vulnerabile. Siamo sicure, infatti, che siano stati i portinai, che nella tradizione delle vecchie portinerie milanesi sono due pensionati di origini meridionali, ma nel nostro caso molto scorbutici, e mezzi analfabeti. Sembrano gli attori di Ciprì e Maresco. Abitano nel nostro stesso palazzo e da quando se n’è andato il portinaio, quello vero, sono stati cooptati per fare un mezzo servizio di portineria. L’amministratore di condominio li paga una miseria: 5 euro l’ora. Ragion per cui non si considerano portinai a tutti gli effetti, non hanno quel tipo di codice di comportamento professionale, e quando c’è qualche problema non si sentono in dovere di risolverlo. Siamo convinte che le bici le abbiano prese loro. In qualche modo, anche se sono solo due biciclette, mi sembra che la situazione un po’ c’entri con la crisi, no?”
(Linda)

La paranoia

“Abito in una casa di ringhiera, con la tipica porta doppia, una di legno e quella più interna con la cornice e il vetro. Un giorno mi è successa una cosa strana. Sono tornata a casa e la porta era aperta. Mi sono spaventata, ma poi ho realizzato che nessuno era entrato, che dentro non mancava niente. Probabilmente avevo dimenticato di chiudere. Strano. Forse, inconsciamente, volevo vedere se fosse possibile fidarsi”. (Sarah)

La paranoia2

“Qualche mese fa ho ricevuto una somma di denaro, qualche migliaio di euro, per un lavoro realizzato in Germania. Sono arrivati in contanti. In quelle settimane lo spread saliva come un’onda e ci si chiedeva se l’Italia sarebbe sopravvissuta. Molti commentatori dicevano che se l’Italia avesse ceduto, come una diga, si sarebbe portata a fondo l’unità monetaria europea, che le banche avrebbero bloccato tutti i conti correnti per riconvertire gli euro in nuova moneta e che ci sarebbero stati dei prelievi forzosi. Ho deciso allora di portare a casa i contanti. Se i soldi erano al sicuro dalla voracità delle banche, erano però esposti al rischio dei ladri. Vivo in una casa di ringhiera dei primi del ‘900 e per mio gusto ho deciso di restaurare l’ingresso, senza sostituirlo, che però resta molto fragile e precario. Dovevo cercare un nascondiglio. Ho iniziato a vagare per casa con la mazzetta di pezzi da 50. Ho provato ad immedesimarmi nella testa di un ladro. Erano perciò da escludere il materasso, il cassetto dell’armadio, le pagine dei libri, il barattolo nel mobile della dispensa. Mi è venuto in mente di mettere le banconote dentro la tasca interna di una giacca appesa nell’armadio o di avvolgerle attorno ad un rotolo di carta igienica. Ho immaginato anche il ladro che, esasperato per non aver trovato niente, andava in bagno e iniziava a pulirsi con le mie banconote da 50. Alla fine ho messo i soldi in una busta, ho aperto il frigo, poi il cassetto della verdura e, appena sotto le carote e le cipolle, ho nascosto il tesoretto. Ogni volta che avevo bisogno di contanti provavo un vivo piacere nel prelevare le banconote fresche dal frigo. Nel frattempo l’Italia non è naufragata e il mio tesoretto, prelievo dopo prelievo, si è estinto”. (Giovanni)

I fidanzati

“Niente, sono seduto nel vagone della metropolitana e accanto a me ci sono seduti un ragazzo, probabilmente di origini maghrebine, vestito da classico tamarro milanese, e una ragazzina, che gli sta seduta sulle ginocchia. Due fidanzatini. Lui puzza un po’ di alcol, ma ho la sensazione che un po’ finga di essere ubriaco. Nel frattempo mi si appoggia contro e sento spingere in un punto. Appena si alzano metto la mano in tasca e sento che il portafoglio non c’è. Probabilmente me l’aveva sfilato approfittando del fatto che stavo leggendo e che quindi avevo le braccia e le mani sollevate dal corpo. Non volevo reagire, per non passare per quello che pensa male, e invece, poi, succede qualcosa dentro di me e inizio ad urlare. Lui fa finta di niente, mentre la ragazzina si dilegua. Spiego a tutti che cos’è successo, agli altri viaggiatori, e lui, di fronte a me, nega, finché dico ‘chiamate la polizia’ e lo prendo per la giacca. Alla fine mi restituisce il portafoglio, poi alla fermata esce dal vagone, si gira e sputa sul vetro mentre la gente dentro lo insulta. Quella sera stavo raggiungendo a cena un’amica, in zona Wagner. Sono arrivato a casa sua sconvolto e con la scena del vagone che non se ne andava dalla testa. Per fortuna c’erano altre persone, sennò credo che avrei avuto paura a reagire così.
 Ah, come testimone, invece, di recente ho visto un tentato furto di cellulare, sempre in metro, e un furto di borsa su un treno notturno tra Milano e Verona, un treno che prendo spesso e che adesso, sinceramente, mi mette un po’ d’ansia :)” (Davide)

La Milano bene

“Ho uno zio della Milano bene che giusto una settimana fa si trovava in macchina, quando un paio di persone gli hanno fatto cenno di scendere, come se avessero bisogno del suo aiuto. A quel punto mio zio è sceso e quelli gli sono saltati al polso per prendergli il Rolex. Mio zio ha reagito, c’è stata una colluttazione, ma i due sono comunque riusciti a rubargli l’orologio e a scappare. Questa cosa me l’ha raccontata mia zia, in realtà, confidandomi che da tempo non gira più per strada con collane, anelli o altre cose vistose addosso”. (Elisa)

Il rock’n’roll

Status del 9 maggio scorso sulla pagina Facebook della band ‘Fast animals and slow kids': “Ciao amici, oggi è un giorno particolare. Uno di quei giorni che non ce la fai ad essere carico. Uno di quei giorni che non ce la fai a dirti che 8 ore di furgone alla fine si fanno tranquille e che dormire per terra fortifica lo spirito […] Oggi è il giorno che ti hanno sfondato il furgone e ti hanno rubato TUTTI gli strumenti. E’ un vero e proprio lutto […] Se potete, amici, condividete la lista degli strumenti rubati qua sotto. Forse non servirà a una mazza, anzi, non servirà e basta, però sarà comunque un modo per starci vicini”. Segue una lunghissima lista di strumenti, dalla Gibson Les Paul al microfono 1xSubkick. Il post viene condiviso 2600 volte e quattro giorni dopo, il 13 maggio, forse anche grazie al passaparola, gli strumenti vengono intercettati e restituiti. “Non sappiamo come dirvi GRAZIE. Una cosa però è certa: Giovedì saremo a Roma al Circolo degli Artisti. Immaginate solo un secondo che cazzo succederà su quel palco. Su quel palco con le nostre chitarre”.

Il rapporto con mio padre

“Il mio fidanzato era stato trasferito a Londra, dopo il primo crollo dei subprime. Lavorava nella city e io per gran parte dell’inverno ero stata da lui, a Londra. Poi il fidanzato decide di mollarmi e io mi ritrovo a casa dei miei a perdere chili, a fumare 25 sigarette al giorno e a piangere. Giugno è l’apice di questa valle di lacrime. Una mattina mio padre trova la tapparella della cucina alzata e il suo marsupio nel balcone. Dà la colpa a me. È da quando sono piccola che se la piglia con me per qualunque cosa, ed è per questo che ho così tanti problemi di autostima. Mio padre mi chiede se per caso avevo deciso di lanciare il suo marsupio sul balcone quella notte. Poi noto che la portafinestra della cucina è forzata e gli dico di controllare il portafogli. Mancano bancomat, carta di credito e il foglio dove teneva appuntati i codici pin. Ho la tentazione di sputargli addosso tutta la mia rabbia, ma lascio perdere. In pratica: sono saliti sul balcone con una corda, hanno forzato la tapparella, hanno cercato e trovato il portafogli, mentre dormivamo, e poi hanno prelevato 500 e 500”. (Giovanna)

30 euro, 113

“Qualche settimana fa tornavo a casa dalla discoteca. Per strada una prostituta mi viene incontro, con fare da travestito, e inizia a mettermi le mani proprio lì. Io la scanso, divertito, e me ne vado. Qualche metro dopo mi accorgo che mi aveva sfilato 30 euro dalla tasca. Torno indietro, forte della presenza di Giuseppe, il mio fidanzato – da solo non sarei mai tornato – e l’affronto porgendo il palmo della mano e dicendole solo: 30 euro. Lei farfuglia qualcosa e io ribadisco, palmo steso: 30 euro. Così ancora per un paio di volte: 30 euro, 30 euro. Lei non molla allora prendo il cellulare: 113. ‘Buonasera sono in viale Abruzzi e sono appena stato derubato da una prostituta’, ed ecco che lei mi riconsegna le banconote, tutte accartocciate”. (Francesco)

Agosto

“Siamo fuori Milano da qualche mese. 
Alle 22.30 di un venerdì arriviamo in stazione centrale e alle 22.40 siamo già a casa. Fa caldo e ci addormentiamo con fatica. Mi sveglio ad intervalli di mezz’ora, per tutta la notte. 
La mattina dopo usciamo per pranzo alle 13.30 e torniamo alle 15. 
Sulla porta troviamo un buco grosso come un melone e una casa che non è più la nostra.
 Faccio una corsa dal quinto all’ottavo piano. Non so perché. Rientro in casa e cerco di capire dove posso sedermi per non svenire. Mentre Ettore controlla che cosa manca, io chiamo la polizia.
 Il poliziotto m’invita ad andare in commissariato ma io insisto perché vengano a casa. È il 4 agosto.
 Arrivano in due, molto svogliati. Dopo un po’ mi passano un foglio con scritto ‘constatazione di avvenuto furto’ e poi il biglietto da visita di un fabbro, suo amico, aperto 24 ore su 24. Ettore si ricorda delle telecamere di un ristorante puntate sul portone di casa. Andiamo e chiediamo se sia possibile vedere le immagini. A quel punto ci guardiamo ore e ore di film con gente che passa, tossisce, telefona, litiga, ride. Finché non arrivano due ragazze bionde. Potrebbero essere due mie amiche, due spagnole in Erasmus, due laureande in Lettere. Oppure due ladre. Entrano. Passa un’ora e arriviamo noi. Ci vediamo nel film. Entriamo. Altri 4 minuti ed escono le due bionde con i testa i miei occhiali da sole e le nostre valigie. Pazzesco. Scarichiamo il video su una chiavetta e ci precipitiamo in commissariato, fiduciosi. Ma il poliziotto dice di non sapere che cosa sia una usb e che comunque non potranno farci granché con il filmato. Così impariamo una lezione e cioè che il mestiere del ladro è abbastanza facile e molto remunerativo”. (Valeria)

E per finire il dolce…

“Non ho subito furti, però rubacchio. Te lo scrivo non come confessione, ma come materiale per il tuo articolo, essendo un under 30 precaria che soffre quotidianamente la crisi. Dove rubo:
 al supermercato, ma non m’intasco niente, peso frutta e verdura sulla bilancia, poi aggiungo altre mele, pesche, zucchine, quello che mi serve, e solo a quel punto chiudo il sacchetto. Per cui pago meno di quel che dichiaro sulla bilancia. E spesa dopo spesa il risparmio diventa palpabile. Zucchero e carta igienica li rubo nei bar.
 Guadagno circa 40 euro al giorno, quindi al lavoro cerco di rubare cinque euro al giorno, per arrotondare a 45, e con quei soldi mi compro le sigarette (nello stesso posto in cui lavoro). 
Sempre nei bar ho rubato le tazzine, i cucchiaini e i bicchieri che ora uso a casa. 
Rimango comunque a disposizione per qualsiasi studio/testimonianza su crisi e soprattutto su gestione del risparmio, che meticolosamente documento nel file Excel che tengo salvato sul desktop sotto la dicitura ‘ECONOMIA DOMESTICA’” (Giulia).


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