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2013/12/14

Tributo a Nelson Mandela


La notizia che Nelson "Madiba" Mandela, primo presidente nero del Sud Africa, era morto, l’ho appresa attraverso internet. Non guardo da diverso tempo programmi televisivi, sia perché non condivido la cultura televisiva della nazione che mi ospita, troppo simile a quella italica dalla quale ho preferito andar via, sia perché i soliti programmi televisivi non mi appagano a sufficienza, preferisco un buon film o documentario oppure leggere le news online. 

La mia reazione è stata di incredulità. Ho allora cercato la notizia su altri media, quasi sperando in una smentita. Il primo sentimento che ho provato è stato, a sorpresa, di risentimento. Ho sempre considerato positivamente la sua esperienza, già quando fu rilasciato dal carcere e anche durante la successiva e ovvia presidenza, anche durante poi il pensionamento forzoso, non era sua volontà ritirarsi ma gli fu imposto e comunque mi era sembrato giusto che facesse spazio ai giovani, nuove idee, nuove proposte e poi durante i suoi ultimi anni, tutto veniva a formare un quadro molto positivo di lui. Eppure ho provato un forte senso di risentimento. Mi chiedevo perché.

Dopo qualche introspezione, ho capito. Tutti i media elogiavano Mandela. Era diventato un santo. La stragrande maggioranza di coloro che in quei giorni hanno ricordato l’ex-presidente sudafricano lo ha eretto ad una sorta di “eroe planetario”. Un quotidiano di sinistra portoghese lo ha perfino paragonato a Gesù Cristo. Sicuramente ha vissuto per gli altri, ha anche perdonato coloro che lo avevano imprigionato, ha combattuto un regime brutale con parole di pace; ha ispirato molti sudafricani a unirsi, diventando un'icona per il mondo, e così via. Una lettura puramente agiografica della vicenda umana e politica di Nelson Mandela presenta, senza dubbio, un notevole fascino, ma rappresenta al tempo stesso un approccio non soddisfacente, perché non rende giustizia alla complessità della storia politica sudafricana. Eppoi certe notizie sembravano solo la ripetizione di un testo scritto da altri. Chi fa del proprio mestiere l’informazione dovrebbe essere obiettivo, dovrebbe fornire notizie corrette e non edulcorate per vendere più pagine di carta o abbonamenti internet o tv. Queste dovrebbero essere imparziali. È necessaria una visione più equilibrata.


Con Nelson Mandela se n’è andata una delle figure più importanti, conosciute e “simboliche” del ventesimo secolo. In primo luogo, Nelson Mandela è stato qualcuno che per davvero doveva essere ammirato, dato che fin dall'inizio la sua vita era piuttosto privilegiata (non sono pazzo, era una predestinato anche prima di essere imprigionato), decise di vivere e lavorare per il suo popolo, per farlo uscire da quello stato di schiavitù mascherata da libertà. Era un popolo libero solo a parole, nella realtà costretto a lavorare e servire quello dominante per poi essere ricambiato con la violenza e l’odio. Mandela combatteva contro quel destino avverso. Ciò non di meno era davvero un privilegiato. Il suo clan era quello di Madiba, un clan che ha fornito molti re per la sua Aba Thembu (Thembu=persone, regno di persone). Queste persone, a causa della loro lingua, furono chiamati "Xhosa", il popolo Thembu erano un popolo indipendente fino a poco tempo fa. Per chi ha sempre pensato al popolo bianco usurpatore delle terre africane vorrei aggiungere che contrariamente alla credenza popolare, la stragrande maggioranza dei neri in Sud Africa non sono nativi, ma sono arrivati a milioni dai paesi limitrofi solo dopo che i boeri crearono una nazione con una fiorente economia, vaste opportunità di istruzione e notevoli benefici medici. Era quindi sbagliato considerare il popolo nero indigeno dell’estremo territorio africano del sud e estraneo il popolo dei bianchi europei. In questa visione realistica l’unico popolo che avrebbe potuto vantare diritti territoriali fu quello dei boscimani, praticamente scomparso poche decine di anni dopo l’insediamento delle colonie boere nelle province del Capo di Buona Speranza. 

Mandela era un appartenente al popolo Thembu, di origine Bantu e provenienti dall’Africa centrale e non uno Zulu come molti media nostrani hanno indicato. Mandela è andato alle scuole private a pagamento, e frequentò Fort Hare, che era l'unica università per i neri in Sud Africa a quel tempo. Davvero un privilegiato.

E anche questo è parte del risentimento. I genitori di molti miei amici sudafricani bianchi erano rifugiati. Non avevano privilegi, i bambini dei rifugiati non andavano nelle scuole private ne tantomeno ammessi alle università di prestigio anche se di casta e certamente essi non avevano ne potevano vantare nessuna origine nobile di fantasia, reale o altro. Torniamo dunque a Mandela senza dimenticare che il rischio di una analisi affrettata è quello di sacrificare tanto l’analisi storica, quanto quella politica al bisogno collettivo (e mediatico) di costruire eroi e di evidenziare contrapposizioni manichee. 
Mandela presenta, nei fatti, non solo momenti “alti”, ma anche passaggi più controversi, incluso il ricorso a mezzi non sempre giustificati dai fini. E parlo della violenza. Naturalmente, quando una persona scompare, è buona regola parlare innanzitutto dei suoi meriti, almeno quando ciò è possibile, e nel caso di Nelson Mandela ciò è sicuramente possibile. Il più grande merito di Nelson Mandela è quello di aver gestito con notevole maturità la riconciliazione sudafricana, negli anni immediatamente seguenti alla fine dell’apartheid.


Mandela arrivò a un punto, comprensibile, dove decise di creare un movimento rivoluzionario comunista, per rovesciare il sistema con la violenza. Perché è meglio che si sappia. L’ANC e il suo braccio violento contro l’Apartheid era stato creato e voluto da Mandela, per rovesciare i dominatori bianchi boeri con gli stessi mezzi usati da questi contro la sua gente. Questa è la verità, lo stesso vincitore del Premio Nobel per la Pace e leader del Congresso Nazionale Africano (ANC) Albert Luthuli inorridì quando si seppe che alla base della campagna di violenze contro il regime c’era Nelson Mandela!(2)(3)

In seguito, e a malincuore, Luthuli diede una benedizione qualificata per la "Lotta di classe" (modificata per essere più appetibile per i sostenitori occidentali in "lotta per la libertà"). Luthuli era prima di tutto e sempre un cristiano e quindi comprensibilmente non entusiasta di fondare un'organizzazione di guerriglia marxista. Più tardi, diede la sua benedizione, ma non fu mai un sostenitore attivo della politica dell’ANC.

Nella cultura tradizionale africana esiste un complesso sistema di obblighi a incastro che vanno d’accordo con l'appartenenza a un clan o a una famiglia allargata. Questi includono legami matrimoniali, ma anche la spiritualità e l'organizzazione sociale. Luthuli, come cristiano, avrebbe messo se stesso al di fuori di questi legami, mentre Mandela è rimasto nel "sistema". Questo gli diede il tipo di influenza che non avrebbe altrimenti avuto.


In contrasto con Luthuli, Mandela sentì che la violenza era necessaria. Sentiva che tutte le altre vie per trattare con il governo dell'apartheid si erano esaurite, non era realmente così, fu portato a credere che fosse così, quindi creò Umkhonto we Sizwe (Lancia della Nazione), un'organizzazione guerrigliera di stampo comunista. Non è vero, quindi, che Mandela era un pacifista e poneva innanzitutto una resistenza pacifica contro l'apartheid. All’apparenza si, ma dietro le quinte, in una realtà che doveva restare nascosta fu tutto il contrario e lo scrivo qui senza il timore di essere smentito, queste informazioni derivano dai fatti, da fatti, concreti(1). Il Mandela di quel tempo era tutto a favore della rivoluzione armata. La domanda che sorge spontanea è: qual era lo scopo di questa rivoluzione? Era la democrazia? Ne dubito fortemente. Le loro parole a quel tempo (e che ora negano di averle mai pronunciate) erano pura terminologia comunista. Nessuno ha mai citato gente come Edmund Burke, Jean Jacques Rousseau e Thomas Jefferson. Hanno solo citato Marx, Lenin, Mao e gli altri killer professionisti. Tutti ideologi nei loro paesi, molti di loro ricusati dai loro stessi concittadini e morti in miseria. Lo stesso Lenin e poi Mao, leader acclamati da vivi e mal considerati una volta trapassati. Alcuni dei leader di ANC ancora citano queste mummie comuniste come la soluzione di tutti i mali non accorgendosi che il mondo cambia, è cambiato tanto rapidamente da permettere l’abbattimento dei muri veri, o virtuali, di divisione fra il mondo comunista e quello capitalista. 

Torniamo per un momento a Mandela e a quel 1993. Io c’ero, ero li, a Johannesburg e poi a Cape Town. Io vidi con i miei occhi tutto e posso affermare con certezza e riportare al mondo quello che vidi e ho avuto modo di vivere. Nel 1993 il Sud Africa era un paese lacerato e quindi erano presenti tutti gli ingredienti per uno scenario di guerra civile. Gruppi paramilitari bianchi ben organizzati e pronti all’azione, una popolazione nera esasperata ed ideologizzata e violente contrapposizioni tra African National Congress e Inkhata nella provincia del Kwazulu-Natal. In questo delicato contesto si inserì Nelson Mandela, canalizzando i sentimenti rivoluzionari dei neri in un progetto gradualista ed al tempo stesso a conquistare presso l’elettorato bianco quel tanto di fiducia che bastava per legittimare il nuovo assetto politico. 

Parole, apparenza, fumo negli occhi, un camaleontismo collaudato. Il Mandela buonista volto di Giano bifronte che sorrideva al nemico bianco, mentre dall’altra l’MK e il Mandela reazionario girato dall'altra parte. L’ANC aveva aderito alla guerra fredda al fianco dell’Unione Sovietica, della Cina comunista che passavano loro le armi e gli esplosivi per uccidere innocenti, bianchi certo e boeri, ma sempre innocenti. Era una guerra contro un sistema, non solo ideologico ma totale. Bianco contro nero per l’annientamento finale. Che poi annientamento non ci fu, anche a causa di forti pressioni da parte di altre potenze schierate all’altro lato della barricata, gli Stati Uniti d’America in primo luogo. Si disse che a soffiare sul fuoco di liberazione sudafricano ci fossero gli USA. Niente di più falso. Era vero che agli americani il regime non faceva più comodo, era anche vero che cercarono in diverse occasioni di “scippare” il grande business dell’oro e dei diamanti ancora saldamente in mano a organizzazioni boere, ma era anche evidente che entrare come un elefante in una cristalleria nel fragile momento sudafricano equivaleva a distruggere quelle possibili opportunità di poter metter mano un giorno sulle grandi ricchezze della nazione arcobaleno come Desmond Tutu ebbe a chiamarla.


In quegli anni non tutti furono contrari al nuovo sistema che pensavano dovesse venire instaurato. Durante la fine dell’era coloniale, di cui una parte ha coinciso con la guerra fredda, molte persone altrimenti decenti erano disposte a tollerare i crimini del comunismo al fine di contrastare più efficacemente la Gran Bretagna, la Francia o il Belgio nelle loro lotte per l'indipendenza. In altre parole, coloro che hanno combattuto per i loro fondamentali diritti umani, della democrazia multipartitica e la libertà di parola, hanno combattuto idealmente a fianco dell’URSS che schiacciava i sogni di libertà e indipendenza del popolo ungherese! Quello non era il comportamento di un uomo di pace! Mandela e la sua organizzazione non erano nello stesso campionato come Mahatma Gandhi o il Dalai Lama!

Tuttavia Nelson Mandela non fu solamente un pacifista e pacificatore. Fu anche, nei fatti, il leader di un movimento che a lungo ha seguito strade politiche violente e aderito a visioni politiche marxiste e filosovietiche. Nella delicata questione sudafricana, l’African National Congress è stato per decenni parte del problema, non parte della soluzione. L’ideologia comunista dell’ANC e il ricorso alla violenza come strumento di lotta politica rappresentavano un elemento di assoluta incomunicabilità con l’opinione pubblica bianca che negli anni si compattava sempre di più a sostegno del National Party al governo come pure di partiti alla sua destra. Tanto più i neri erano visti come rivoluzionari, tanto più nel dibattito politico bianco si indebolivano le posizioni dei verligtes (riformatori) a favore dei verkramptes (conservatori) e tanto più il Sud Africa bianco percepiva di trovarsi di fronte alla scelta binaria tra comunismo e apartheid.

Andando quindi in ordine cronologico, quando nel 1942 Mandela si unì all’ANC un partito “gemello” di quello di Gandhi, ma dallo stile decisamente diverso, fondò al suo interno la Youth League; e qualche anno dopo diventa comandante dell’ala armata del partito, la Umkhonto we Sizwe, o Lancia della Nazione come detto precedentemente. Mi seguite? Non ci siamo persi nulla nella disanima dell’uomo Mandela. Mi si dirà che le persone cambiano, che adesso è troppo facile sparare sull’uomo Mandela che non può difendersi, che forse non sono informato a sufficienza o di parte. Nel 1962 Mandela viene arrestato a causa delle sue attività, e sommando due processi gli viene comminato l’ergastolo. Sulla base di un processo giusto, riuscì a evitare la condanna a morte. Questo è quanto ci dicono i media “ufficiali”. Ma nessuno ci dice il perché. Forse la commissione Amnesty International che rifiutò di appoggiare il suo caso sbagliò, ritenendo che Mandela non fosse un prigioniero politico ma un “terrorista violento, condannato nell’ambito di un giusto processo”?

Mandela fu arrestato e trovato colpevole non di volere la democrazia e la libertà, anzi di aver cercato di rovesciare il governo legalmente costituito e eletto dal popolo sudafricano seppur format dai soli bianchi. Senza dubbio egli aveva delle buone ragioni per volerlo. Nessun governo, democratico o meno, può tollerare chi cerca di rovesciare il sistema con la violenza. Quindi, Nelson Mandela trascorse 18 anni a Robben Island. Poi fu trasferito in condizioni molto più confortevoli nella prigione di Polsmoor e in seguito agli arresti domiciliari presso la prigione Victor Verster. Non meravigliatevi. Nelson Mandela un domicilio reale non l’aveva più da quasi trentanni, l’ultimo conosciuto era quello di una prigione, dorata rispetto alle precedenti dove aveva trascorso I suoi anni peggiori, sempre un luogo di detenzione.

Quando Mandela fu rilasciato, il mondo era cambiato e lui era abbastanza grande per cambiare con esso. Fu capace quindi di scavare in profondità nella cultura africana tradizionale, dove esisteva un concetto che meritava di essere ampiamente pubblicizzato. Si chiamava Ubuntu. Significa "umanità". Mandela, a differenza del suo predecessore Luthuli non era Cristiano, era stato battezzato ma non aveva abbracciato mai la religion Cristiana, non si riconosceva in essa, invece aveva utilizzato l'antico concetto di umanità. Come Gesù Cristo 2000 anni prima era pronto a riconciliarsi con i suoi ex nemici e aguzzini. Era pronto a mettere da parte qualunque sentimento personale che potesse aver avuto e considerare il bene comune di tutto il popolo del Sud Africa. E così Nelson Mandela spostato dall'essere solo un altro rivoluzionario comunista/socialista del Terzo Mondo cominciò a essere considerato uno statista. Lui stesso sentiva che poteva diventarlo, anzi agiva come se lo fosse. Il passo fu breve. Dopo la sua elezione, nel 1994, lavorò instancabilmente per unire i sudafricani, e vorrei dire che è riuscito in questa sua opera immane.

Rispetto profondamente Madiba e ora che è morto, posso senza remore salutare un uomo rispettabile che, attraverso la riconciliazione e la visione, ha contribuito a iniziare un nuovo capitolo nella storia del South Africa.

Ma si dice spesso che era una visione viziata e lo era veramente. 

Non voglio tuttavia costruire un santuario per il presunto santo. 
Saluto lo statista. Onore delle armi.

Riposa in pace, Madiba!

Note:








2013/12/11

Leon, tributo in onore di un amico fedele


Il 18 Novembre di quest'anno Leon ci ha lasciato, questa volta per sempre.
Altre volte ci aveva lasciato, anche per giorni, si infilava nel cancello lasciato aperto e spariva nella foresta, e poi rientrava dapo giorni di girovagare e lo sentivi fuori dalla recinzione quando chiamava per farsi aprire: wouff, wouff...

E’ impossibile che una persona che ha trascorso lunghi anni in compagnia del proprio cane possa restarne privo senza sentire di aver perso qualcosa di sé, anche se si tratta di un cane anziano. Se la morte arriva improvvisa, la perdita è straziante. Leon non era solo il cane di Melissa. Era anche il mio migliore amico. Aveva vissuto con noi per più di quattordici anni. Eravamo preparati a questo, sapevamo che prima o poi la morte di uno dei nostri cani sarebbe stata inevitabile. ma credevamo che Luna ci avrebbe lasciati prima. il fila brasileiro infatti vive dai nove ai dieci anni. Luna e' nata nel 2003, dieci anni li aveva raggiunti, il giorno della dipartita poteva essere vicino. Avevamo anche gia' chiesto al veterinario che fare nel caso che... perche' con i suoi cinquanta kg sarebbe stata difficile da gestire la sua morte e invece... 
Leon aveva, in un certo senso, determinato il nostro modo di vivere. Dopo la sua scomparsa, la sensazione di solitudine e' immensa. La prima sensazione che si prova, spesso è quella di non accettazione: “non è possibile” “non è vero”. Poi si deve affrontare la realtà.

La morte di un cane non è certo traumatica come la perdita di un familiare, ovviamente. Ma forse è proprio questo il lato più ostico della cosa. Il dolore lo dobbiamo spesso affrontare da soli, senza la comprensione del mondo esterno, senza poterci sfogare con chi ha motivi “più validi” per soffrire, quasi vergognandoci di star male per un cane. “E’ solo un cane” minimizzano in molti. Questo è davvero difficile da sopportare. “E’ solo un cane”, pensiamo alle volte anche noi, provando quasi un senso di colpa per il nostro dolore, perché inconsciamente lo mettiamo in competizione con quello che dovremmo provare per le persone che ci hanno lasciato.

Piangere e manifestare i propri sentimenti è, più che mai, imbarazzante. Gli psicologi dicono che dovremmo esprimere il dolore e non reprimerlo. Non è saggio isolarsi ed è umano piangere, ma tutte le persone ci invitano a non farlo. Siamo costretti a far finta di niente ed è tutt’altro che facile.

Non tutti gli umani reagiscono comunque allo stesso modo. Il dolore non si manifesta secondo uno schema fisso. Le varie reazioni possono sovrapporsi ed essere di diversa durata, a seconda della persona e delle circostanze.
La morte di un cane ancora giovane è senz’altro l’avvenimento più grave. Tutto d’un tratto, il nostro cane apparentemente sveglio e normale, non c’è più. Incidenti, avvelenamenti, malattie fulminati, sono le cause più comuni. La fonte della più grande felicità diviene di colpo quella del più sconfinato dolore. 

Razza strana l’essere umano, una sola forma un solo volto un solo colore del sangue, ma molto divisi tra noi, il bianco si sente superiore al nero, il ricco non può avere legami col povero, i diversi… tutto ciò che ci è diverso deve tenere le distanze dal nostro io, dal nostro saper essere super uomini, diverso, perché, e da cosa si e' diversi , se alcuni uomini sono diversi da noi ciò vuol dire che noi siamo diversi da loro, allora perché i diversi sono loro? Se noi siamo diversi allo stesso tempo da chi ci è diverso, quindi i diversi siamo noi? E i cani? Si sentono diversi anche loro?

Leon viveva con la sua Luna, anzi per dirla breve era Luna che viveva con Leon, lei era l'ultima arrivata nella sua vita, ingombrante e predominante fila brasileiro che pretendeva tutto dal piccolo beagle Leon. Eppure erano inseparabili, per questo adesso Luna non sa darsi pace, piange tutto il giorno nonostante siano passati i giorni.

Cosa avra' pensato il piccolo Leon negli ultimi giorni prima di morire? Per capire il comportamento di un cane è essenziale esaminare il modo in cui affronta la morte. Noi uomini sappiamo tutti che un giorno moriremo e ci comportiamo di conseguenza; il cane, invece, non ha il concetto della morte e quindi non può prevederla, per quanto malato si senta. Per un cane, o per qualunque altro animale, la malattia rappresenta qualcosa di spiacevole che lo sta minacciando. Se avverte dolore, si considera preda di un’aggressione. Per lui è diffìcile distinguere tra un tipo di dolore e un altro quando cerca di capire cosa c’è che non va. Se il dolore diventa acuto, il cane sa di essere fortemente in pericolo, ma se non vede da dove proviene il pericolo, non può voltarsi per affrontarlo e difendersi mordendo: non c’è niente contro cui prendersela. A questo rimangono soltanto due strategie alternative: scappare o nascondersi. Se il dolore sopravviene mentre il cane sta «pattugliando» il suo territorio, la sua reazione naturale sarà quella di cercare di nascondersi dal suo «aggressore» e, scorgendo un riparo lì vicino, o qualche altro nascondiglio l’animale vi si dirigerà e rimarrà lì nascosto da solo, aspettando che la minaccia svanisca o che il dolore cessi. Il nostro amico non osa uscire, Temendo che ciò che ha causato il dolore sia in agguato, e quindi rimane lì a morire da solo, in privato. Nonostante le osservazioni precedenti degli scrittori a proposito di questo argomento, nel momento della sua morte il cane non sta pensando ai sentimenti del suo padrone, ma semplicemente su come può proteggersi dal terribile e inosservato pericolo che gli sta causando tanto dolore.

OGM?

Qualunque attività umana non è a rischio zero, l'opportunità o meno di adottare una nuova tecnologia, qualunque essa sia, è legata all'analisi dei rischi e dei benefici. Anche gli OGM non sfuggono a questo principio: non avrebbe senso accettare gli OGM solo dopo aver accertato un rischio zero, poiché non sarebbe coerente con qualunque altra attività umana.
Esistono due linee di principio molto diverse in tal senso.
Nel 1993 l'Organizzazione per la cooperazione economica e lo sviluppo (OECD) ha introdotto il principio della "equivalenza sostanziale" tra alimenti agricoltura tradizionale e alimenti OGM. Tale principio è stato approvato da una consultazione congiunta FAO/WHO nel 1996.
Il principio di equivalenza, ampiamente utilizzato in USA, è stato contestato da molti organismi scientifici, come la rivista Nature (vol. 401, 525, 1999) che lo ha definito "ai limiti della pseudoscienza".

Altri organismi, come la Royal Society canadese hanno proposto la sostituzione del principio di equivalenza con il "principio di precauzione", come elemento fondamentale in un campo in cui domina ancora l'incertezza dovuta all'ignoranza, alla scarsa conoscenza del funzionamento di un sistema biologico molto complesso. Tale principio non deve essere considerato come fattore limitante per la ricerca, ma come punto di partenza per il suo sviluppo, con l'obbiettivo di giungere alla totale sicurezza ambientale e alimentare.
Secondo il principio di precauzione, gli OGM non sono rischiosi in sè, bisogna valutare caso per caso, come accade per qualunque nuovo farmaco o alimento immessi sul mercato, il rapporto tra rischi e benefici e prendere le dovute precauzioni prima dell'immissione sul mercato, ed effettuare un monitoraggio attento dopo la commercializzazione.

Le accuse mosse contro gli OGM

Le principali accuse mosse nei confronti degli OGM sono elencate di seguito, va evidenziato che i pericoli reali associati alle biotecnologie non esistono.

Rischi per la salute


Gli alimenti OGM vengono accusati di essere potenziali allergenici. Qualunque alimento può scatenare una allergia nei soggetti predisposti, il problema quindi non è nell'alimento, ma nei soggetti che sono sensibili a tale alimento. Ci sono persone che sono morte per shock anafilattico ingerendo alimenti comunissimi come un arachide, ma non per questo le arachidi devono essere bandite dal commercio! Se un alimento OGM presenterà un tasso di allergenicità elevato potrà essere prontamente rimosso dal commercio, come avvenuto nel 1996, quando i ricercatori del Nebraska hanno rilevato che la soia geneticamente modificata con un gene della noce brasiliana prodotta dalla Pioneer Hybrid, era allergenica ad una parte significativa della popolazione. La Pioneer Hybrid ha saggiamente interrotto la commercializzazione di questo prodotto. Mio figlio era allergico al latte vaccino e questo fino ai tre anni, non ho sentito nessuno che abbia proposto di mettere fuori legge il latte vaccino o vietarne la vendita.

La biodiversità è intesa come insieme delle risorse genetiche disponibili in un certo territorio; quanto più grandi e differenziate sono tali risorse tanto maggiore è il potenziale di nuove coltivazioni e di nuovo cibo. Uno dei fattori principali della perdita della biodiversità negli ambienti naturali è sempre stato rappresentato dall’introduzione della pratica agricola. Questa, oltre trasformare i boschi e le praterie in monocolture, può attentare alla biodiversità delle specie selvatiche attraverso la diffusione del polline delle piante coltivate. Esistono esempi eclatanti di attentati alla biodiversità: uno su tutti, l'introduzione della Robinia pseudoacacia, introdotta per consolidare la massicciate dei treni, che si è diffusa in buona parte del paese a discapido della pianta autoctona Acacia.

Secondo alcuni le piante OGM potrebbero diventare infestanti e diffondersi nell'ambiente a discapito di altre. Questo può avvenire solamente se il gene introdotto conferisce un vantaggio selettivo nei confronti delle altre piante, cosa che attualmente non avviene e che può essere evitata con una banale sperimentazione. Nel caso poi che ci sia un vantaggio selettivo, allora è sufficiente inserire il transgene nel cloroplasti delle cellule: in questo modo il transgene non si trasmetterà nel polline e non ci sarà il rischio di diffusione dello stesso nell'ambiente.

OGM: perché non essere contrari


Il rischio zero non esiste neanche in agricoltura: i benefici del miglioramento agricolo sono stati sempre considerati di gran lunga superiori ai rischi. Il miglioramento delle specie coltivate è stato fino ad ora ottenuto attraverso l’incrocio e la mutagenesi che certamente non sono esente da rischi: con queste tecniche infatti i geni sono modificati a caso ed in modo incontrollabile. Una razionale proposta è quella di: "accettare la piante OGM se il loro rischio è uguale o inferiore a quello che oggi accettiamo per le piante prodotte con il miglioramento genetico tradizionale (incroci e mutazioni)".

E’ stato inoltre pubblicato sul numero 80 del Journal of Proteomics un lavoro dal titolo: “How much does transgenesis affect wheat allergenicity? Assessment in two GM lines over-expressing endogenous genes”. Il frumento fa parte dei cosiddetti “big eight allergens”, insieme a soia, uova, latte, pesce, molluschi bivalvi, nocciole e arachidi, ovvero gli alimenti che più spesso sono responsabili di allergie alimentari e, per alcuni di essi, anche respiratorie. Si stima che tra lo 0.1 e lo 0.4 % della popolazione mondiale sia allergica alle proteine presenti negli sfarinati a base di frumento, peraltro fondamentali, dato che si deve loro gran parte delle proprietà tecnologiche e nutrizionali di pasta, pane, biscotti e di tutti gli altri numerosi prodotti derivati dal frumento.

La possibilità di sviluppo di allergie è una delle maggiori preoccupazioni riguardo agli alimenti contenenti OGM, per cui, sebbene non vi siano frumenti OGM commerciali al momento, ve ne sono numerosi realizzati nei laboratori, ad esclusivo scopo di ricerca, ma non è escluso che frumenti OGM possano essere commercializzati nei prossimi anni. Allo scopo perciò di verificare se vi fosse una differenza nel livello di espressione delle proteine allergeniche in linee di frumento OGM disponibili nei laboratori che hanno condotto la ricerca in questione, sono state messe a confronto due linee di frumento transgeniche con i relativi genotipi non OGM, corrispondenti alle varietà di frumento duro Svevo e di frumento tenero Bobwhite.

La novità di questo lavoro risiede soprattutto nell’uso dei sieri di pazienti allergici al frumento (bambini e adulti, con allergia di tipo respiratorio o alimentare), che hanno permesso di misurare la quantità di proteine immunogeniche estratte dagli sfarinati mediante test ELISA e di effettuare delle analisi dettagliate di proteomica che hanno portato all’identificazione delle proteine immunogeniche stesse.
I risultati ottenuti da tale confronto hanno indicato che non esistono differenze sostanziali tra i genotipi OGM e le varietà commerciali, e che fondamentalmente esiste un’enorme variabilità tra gli individui allergici, sia verso le varietà commerciali che verso i genotipi OGM.

Sono state osservate, infatti, diverse combinazioni di situazioni: due proteine immunogeniche sono state rilevate solo in una linea OGM, ma non nella varietà coltivata corrispondente. E’ stata riscontrata però anche la situazione opposta, ovvero è stata osservata la presenza di specifiche proteine immunogeniche nella varietà coltivata, risultate invece assenti nella corrispondente linea OGM.
Inoltre, è stata rilevata un’estrema variabilità di risposta tra i diversi pazienti, sia nel numero, che nel tipo di proteine immunogeniche presenti, nonché della quantità delle singole proteine. 

I saggi ELISA infatti hanno mostrato che, dei 18 sieri testati, dieci non presentavano nessuna differenza a livello quantitativo nella reattività verso le frazioni proteiche estratte dalle due linee OGM e dalle rispettive varietà coltivate. Degli otto sieri rimanenti, cinque mostravano una maggiore reattività solo verso la linea OGM di frumento duro, ma non di tenero. I due restanti sieri mostravano una maggiore quantità di IgE contro le proteine presenti nella varietà di frumento tenero e non nella corrispondente linea OGM, mentre un altro siero mostrava una reattività leggermente superiore contro la linea di frumento tenero OGM rispetto alla varietà coltivata corrispondente.

L’analisi proteomica ha mostrato che tutte le proteine identificate corrispondevano ad allergeni già noti. Insomma, le differenze tra OGM e non OGM sembrano paragonabili, se non addirittura inferiori, a quelle osservate tra le cultivar commerciali Svevo e Bobwhite, per quanto riguarda la quantità e il tipo di proteine immunogeniche.
In conclusione, questi risultati hanno confermato che la transgenesi è solo uno dei fattori che devono essere valutati in relazione alle allergie. Infatti, per alcuni dei pazienti presi in esame, la linea GM è risultata addirittura contenente meno proteine coinvolte nelle allergie, rispetto alla corrispondente varietà commerciale, quindi non OGM, mentre per altri casi è stata riscontrata la situazione opposta.
Questo dimostra come non sia possibile prevedere o generalizzare l’effetto della transgenesi sulle allergie, e che ogni situazione andrebbe analizzata singolarmente, non solo nel caso degli OGM, ma anche delle varietà commerciali, quando queste siano già note per essere allergeniche.

(Gli autori della ricerca sono Roberta Lupi, Stefania Masci, Domenico Lafiandra, dell’Università della Tuscia, Corrado Rizzi dell’Università di Verona, Marco De Carli della Azienza Ospedaliera Santa Maria della Misericordia di Udine, insieme ai colleghi francesi Sandra Denery-Papini, Colette Larré ed Helene Rogniaux dell’INRA di Nantes e a Denise Moneret-Vautrin del Centro Ospedaliero J. Monnet di Epinal).

2013/12/08

Morte a Prato



Quei sette operai cinesi (dei quali 6 sconosciuti) che sono morti carbonizzati a Prato in un capannone sprangato, che anzichè essere un magazzino era diventato un dormitorio abusivo, sono già usciti dagli onori della cronaca. 
Danno fastidio alle nostre coscienze, ma soprattutto sono la dimostrazione della mancanza di assunzione di responsabilità personali in questo balordo sistema politico-amministrativo dove i “vertici” sono lautamente pagati per farlo, ma se la filano quando non fanno il proprio dovere.
Si annebbiano così le responsabilità di chi a Prato doveva intervenire per i controlli. Mentre se ne esasperano altri a colpire solo i pesci piccoli. 

Un esempio? Due mesi fa i NAS del Piemonte hanno attentamente visitato decine di aziende della zona del lago Maggiore e in una struttura alberghiera di Verbania, dopo attento sopralluogo durato ore, hanno riscontrato due reati gravissimi: 
1) A uno dei frigoriferi e congelatori dell’albergo (oltre una decina) mancava la firma dell’addetto attestante le temperature verificate nel giorno precedente il controllo. Forse non tutti sanno infatti che esternamente a ogni frigorifero due volte al giorno bisogna segnare la temperatura, quasi che  non ci si accorgesse immediatamente di eventuali guasti. 
2) Non è stato fornito il certificato attestante che l’apparecchiatura (seminuova) che deve provvedere alla sterilizzazione dei coltelli da cucina fosse a norma. Pochi lo sanno, ma i coltelli da cucina non possono (o non dovrebbero) essere lavati con gli altri quasi che anche qui non ci siano lavastoviglie moderne ad alta temperatura.  Che lo sterilizza-coltelli fosse a norma era evidente visto il tipo e la marca, ma l’attestazione non si è trovata e quindi per questi due gravissimi reati l’ammenda è stata di 6.000 (seimila) euro liquidabili in 2.000 euro “pronta cassa” con la netta sensazione che “comunque” si dovesse trovare qualcosa non a posto e soprattutto – appunto - per “far cassa”.

Vorrei allora sapere chi a Prato concede o abbia concesso le licenze edilizie e chi le verifica, quando l’Ufficio del Lavoro sia stato in quell’azienda a fare una verifica, come fosse possibile non solo avere personale “in nero” ma neppure identificabile e che cosa sia stato fatto (almeno dopo il disastro) per far chiudere aziende similari che platealmente lavorano fuori dalle regole, non fatturano, invadono il mercato di falsi, distruggono le nostre imprese con una concorrenza ovviamente spietata e soprattutto schiavizzano impuniti i propri dipendenti. 

Mi sarà sfuggito, ma non ho letto dell’arresto del responsabile di quell’azienda, ammesso che ci sia.

Non mi può bastare che alla locale Procura della Repubblica dicano “Il caos l’ abbiamo segnalato più volte, ma siamo impotenti” perché questa presunta impotenza non è accettabile quando si è pagati (bene) per controllare e a Prato ci saranno cento, mille aziende “sospette” non decine di migliaia e quindi se le attività non sono in regola per cose gravi si fanno chiudere e si espellono o si imprigionano i reesponsabili. 
Non se ne può più da una parte di vedere sfrontato sfruttamento e abusivismo e poi per contro di assistere ad una ricerca esasperata di “peli nell’uovo” pur di romper l’anima e taglieggiare gli imprenditori che più o meno cercano di seguire normative cervellotiche, assurde, costose e alla fine spesso del tutto inutili. Si vive nel terrore di sbagliare, di non conoscere qualche nuova “grida” edita dallo Stato, dalla Regione, dagli uffici provinciali o comunali, dall’ASL, dall’INPS e dall’INAIL, dall’Ispettorato del Lavoro, dai Vigili del Fuoco, dalle norme antinfortunistiche, dai Carabinieri del NAS.  

Oppure – a livello fiscale – dai vari Uffici che a volte si contraddicono tra loro.
Di solito gli imprenditori non sono mafiosi, ma purtroppo i veri mafiosi veri la fanno franca e oggi la mafia cinese è più infiltrata e pericolosa di quella di Corleone. Su queste cose è giusto che il Governo, lo Stato, la Magistratura  e le Forze dell’Ordine diano concretamente delle risposte perché non ci può essere ripresa economica davanti a queste evidenti, ingiuste, mafiose ed omertose diversità di comportamento ! 

Finale: a Prato, per quei poveri morti, adesso chi paga?
(fonte ilpunto)

2013/11/26

Odio per sempre

L’odio, non c’è altro motivo. E l’elettorato l’ha capito benissimo. Questo intestardirsi della sinistra sulla decadenza di Berlusconi, il tentativo di cancellarlo dalla scena politica alla prima occasione utile, di liberarsi del nemico che li ha sempre sconfitti alle elezioni, la dice lunga sull’immaturità politica del Partito democratico. Non bastano le battute di Renzi e l’atteggiamento serioso di Letta a stordire l’opinione pubblica perché anche il più distratto degli italiani sa che siamo alla vendetta, al piatto da consumare freddo, alla legge del West, chi estrae per primo la pistola resta vivo. Nessuno voleva obbligare i cosiddetti democratici a votare a favore del Cav, si chiedeva solo di far pronunciare la Corte costituzionale (che non è certo un organo di Forza Italia) sul nodo cruciale della retroattività. Niente da fare, dagli all’untore, bruciamo lo stregone.  Ma la realtà è sotto gli occhi di tutti, nonostante i goffi tentativi del Pd di nasconderla: in questa Italia il fondatore delle Brigate Rosse, Renato Curcio, è stato chiamato a Bologna come “docente” di un corso sulla sofferenza lavorativa; Cosimo Mele, l’ex parlamentare Udc, è passato dalle notti con le escort alla poltrona di sindaco di Carovigno; Cicciolina è stata parlamentare dei radicali quando era pornostar e ora viene invitata alle manifestazioni politiche e agli eventi di beneficenza; Piero Marrazzo, l’ex governatore del Lazio travolto dallo scandalo dei trans, è tornato al lavoro, non alla scrivania ma direttamente in video, con una trasmissione su Raitre. L’unico espulso a vita – per una sentenza discutibile e discussa – è Silvio Berlusconi. Non perché sia giusto espellerlo e neppure perché pochi credono che uno come lui abbia evaso l’uno per cento di tasse. Ma perché fa comodo alla sinistra. (cit. secolositalia.it)

2013/11/05

Africa oggi, Europa domani!

Condivido con voi alcune note stese durante un viaggio africano dove è continuo il contatto con una realtà economica e sociale che ogni volta mi porta quasi naturalmente a rendermi conto di come l’organizzazione del mondo sia sempre più assurda e fondamentalmente sempre più ingiusta. Mentre le polemiche italiane si perdono lontane sullo sfondo sfuocato via internet, in questi giorni ricordo ben altri problemi dio da una povertà assurda, ingiustizie clamorose e in generale un costante peggioramento della situazione che coinvolge buona parte dell’Africa ma anche di altri miliardi di persone. 
Le tragedie come l'ultima di Lampedusa non sono che la punta dell'iceberg, la cartina tornasole di quello che oggi avviene nel continente africano. 

Possiamo decidere di infischiarcene e di pensare solo o innanzitutto a noi stessi, di alzare muri, di ignorare la realtà, ma non credo che possiamo sfuggirne, o almeno a me non riesce, soprattutto se la si vede e la si tocca con mano. E’ comunque un atteggiamento miope non parlare di questi problemi globali, di accantonarli dal dibattito collettivo visto che il mondo è di tutti e questi problemi ci coinvolgeranno sempre di più, noi e le prossime generazioni cui stiamo preparando un disastro economico ed ambientale e quindi è assurdo far finta di niente. Credo di avere il dovere di darne almeno testimonianza cercando di coinvolgere persone, sottolineando che ci sono alcuni elementi di fondo che credo debbano essere presi a base di un ragionamento che ciascuno è poi libero di continuare all’interno della propria coscienza.

Il primo è che quando ero bambino la terra aveva 2 miliardi di abitanti, ora ne ha 7 e si prevede saranno 11 per la fine del secolo. Il pianeta, razionalizzando, può permettersi di sfamarci tutti ma non può più vivere di spreco alimentare ed energetico con tutti i problemi conseguenti.
La seconda considerazione è che oggi il 20% dell’umanità consuma l’80% delle risorse e se questo 20% diventasse anche solo il 30% saremmo alla bancarotta ambientale. La terza constatazione  – e l’Africa e l’Asia ne sono l’esempio più lampante – è che molte di queste società non sono in grado di cavarsela per una sostanziale inefficienza del loro “sistema” interno che a livello nazionale scimmiotta in peggio i nostri schemi democratico-parlamentari,  spesso recuperandone solo gli aspetti peggiori o esteriori, ma  senza poi neppure tentare di concretizzare quei correttivi che, almeno in parte, dovrebbero garantire la giustizia e la trasparenza nella nostra società “occidentale”. Immagino tante ironie vista la situazione italiana nell’affrontare l’argomento, ma da noi non capita comunque che ti fermi un poliziotto ed apertamente ti minacci chiedendoti dei soldi solo per lasciarti proseguire, o che vi sia assoluta insicurezza di vita, nessun controllo o garanzia economica o finanziaria, nessuna prevenzione sul lavoro o rispetto per la vita umana. 

Lo so che da noi c’è la crisi, che innanzitutto dobbiamo pensare a noi stessi e a difendere il nostro status sociale, ma non avete un’idea che cosa sia la “crisi” (permanente) in oltre metà del mondo.
D'altronde la prima volta che arrivai in Nigeria c’erano circa 21 milioni di abitanti e oggi forse sono 80. Nessun governo, nessun statista, nessuna società potrebbe realizzare comunque in questa situazione sufficienti servizi di base e in altre zone va anche peggio perché quel poco che c’è è distrutto da guerriglia, malattie e disastri vari. La prima cosa da fare è quindi secondo me stabilizzare il numero degli abitanti del pianeta o non ci sarà possibilità di riprendersi. Non è impossibile farlo anzi è relativamente facile anche senza impiegare mezzi coercitivi o violenti ma innanzitutto con l’istruzione, l’educazione, la volontà di aiutare finalmente le donne di questo pianeta che sono di solito le peggio trattate in troppe società. 

La seconda questione è “come” aiutare da parte dei paesi ricchi e qui il bilancio è desolante visti gli sprechi, gli eccessi, il cattivo esempio che diamo nella gran parte dei casi. Ci sono tanti casi positivi anche eroici – e lo vedo soprattutto a livello di impegno religioso dove persone hanno sacrificato a questo fine tutta la loro vita - ma sono stupende eccezioni perché a fallire non sono di soliti i piccoli progetti o le realtà locali ma soprattutto le organizzazioni internazionali, la banca mondiale, gli aiuti di stato che vengono sciupati, dispersi, depredati alimentando un moltiplicarsi ignobile della corruzione. L’Italia ha grandemente ridotto le cifre della sua cooperazione internazionale - che molto spesso peraltro erano soldi spesi male - ma la filosofia che sta alle spalle della “cooperazione” (per esempio a livello europeo) parte con obiettivi magari anche positivi ma poi si ferma perché resta a livello di mega-infrastrutture. Sono opere quasi mai capite e vissute a livello della gente che poi dovrebbe usarle, oltre ad avere un pessimo rapporto costo-risultati e nessuna manutenzione, il che garantisce di solito il loro pronto fallimento. 

Quanti sanno che una notissima organizzazione dell’ONU spende in costi di gestione interni il 79% del proprio bilancio? Non solo, l’ignoranza e la povertà alimentano la distruzione ambientale di quello che resta e non sono solo fenomeni d’immagine come gli elefanti ammazzati per recuperarne le zanne, ma - per esempio - una pesca sfrenata e incontrollata che a ogni latitudine impoverisce il mare oltre ogni limite, ma usando poi comunque solo una parte del pescato che in buona parte viene poi sottoutilizzato o distrutto. Milioni di pescatori poveri vivono con ridicole quantità di pescato giornaliero, ma super-pescherecci prosciugano il mare “spianando” fondali e distruggendo in modo sistematico gli habitat dalla riproduzione marina applicando mezzi di pesca elettronici su larga scala.  Chi se ne preoccupa? Sembra nessuno e questo vale anche per l’uso scriteriato della (poca) acqua buona che c’è, per una gestione assurda dei rifiuti, per una agricoltura che obbedisce a criteri di sfruttamento e non di sostenibilità generale, per una politica energetica folle. Il mondo ogni anno per agosto “va in riserva” rispetto a quanto è in grado di autoprodurre e questo deficit è un pauroso rischio per le prossime generazioni. 

Credo che serva qualche idea, a cominciare però da una denuncia “politica” di quanto sia stata sciocca una decolonizzazione accelerata senza mettere in piedi prima delle strutture locali affidabili e minimamente competenti. Anche questo è un costo pagato alla “democrazia” (o alla demagogia?) che quasi sempre è solo  di facciata. Non ci sono più i “colonialisti” ma le multinazionali e il risultato è stato ben peggio. Il colonialismo aveva portato allo sfruttamento di popoli e di ricchezze naturali con le  “concessioni” che i governi colonialisti davano ai propri supporter, oggi sono le multinazionali senza volto e senza responsabili che gestiscono prezzi, economie, e speculazioni sulle materie prime dettando le leggi del commercio mondiale.

Ma allora perché ogni nazione “ricca” non torna ad adottare una o più nazioni povere e anziché polverizzare interventi non le aiuta sul serio, dall’inizio alla fine, dalle strutture politiche a quelle giudiziarie, dai consigli economici a diventarne mercato di sbocco a prezzi onesti dei loro prodotti, dall’obbligare all’istruzione? per dimostrare che un miglioramento si può avere se si si osservano delle regole condivise da tutti e non regalando, ma verificando man mano la crescita dei singoli paesi con in testa la solita parola chiave: darsi delle regole e farle osservare.

Ma perché a livello planetario non si impongono regole che appunto valgano per tutti? 

Pare che il 30% dei miliardari di dollari siano cinesi e se da una parte è curioso che questo sia il frutto di una rivoluzione che si dice tuttora “comunista” dall’altro si assiste – soprattutto in Africa – ad una rapina naturale che non ha paragoni con il fu colonialismo. La Cina, comunista a parole e iper capitalista nei fatti, sta disboscando il pianeta, distrugge mari e sottosuolo, se ne frega dell’effetto-serra, tratta da schiavi buona parte dei propri abitanti e quelli dei paesi intorno, invade il mondo con prodotti più o meno contraffatti, distrugge le aziende “nostre” come quelle di migliaia di realtà locali con una manodopera sottopagata e sfruttata… e noi non abbiamo l’attenzione, il coraggio, la volontà nemmeno di parlarne. 

Ma possibile che l’Europa che si vanta (o si vantava) di essere la coscienza civica del mondo non riesca neppure a controllare il proprio import? Se la terra è ormai un villaggio globale si devono imporre regole globali o siamo degli ipocriti e per di più saremo sconfitti come spesso già oggi siamo sudditi e non cittadini perché manovrati nei gusti, nei consumi, nelle scelte… vogliamo rendercene conto? E ancora più poveri e sconfitti sono e saranno i miliardi di poveracci che stanno peggio di noi, gli schiavi senza nome di oggi… altro che non cercare di scappare via Lampedusa, o di arraffare con la violenza quel poco che si può se ne capita l’occasione. Essere schiavi del consumo, del telefonino ipertecnologico, dei gusti di massa, dei giochi mangiasoldi come di una iperspesa per l’abbigliamento e quindi accettando per buone le mode come ci vengono proposte o le notizie come vengono diffuse (o non diffuse), è il grande limite di una società capitalista che uccide sé stessa perché accentra in troppe poche mani la gestione del pianeta, non ha più sistemi di autocontrollo e soprattutto ha perso quei valori che stanno alla base di una convivenza equa, soprattutto in un mondo sempre più “stretto”. In campo ambientale il quadro è ancora più nefasto: consumiamo in modo sconsiderato – Europa e Usa in testa – ma almeno con un riferimento di leggi più o meno osservate ma in Asia non è così, in Cina l’inquinamento è pauroso ma tollerato (o imposto) all’interno e nei paesi-satellite. Un disastro.

So benissimo che queste righe possono essere oggetto di critiche infinite, che ci sono mille obiezioni fondate e che in poche righe è difficile riassumere i concetti, ma servano almeno come spunto di silenziosa riflessione personale e alla domanda concreta “ma in questo disastro, io personalmente che cosa posso fare?” credo che la risposta più corretta sia almeno prenderne coscienza, reagire con scelte di consumo individuale più logiche e poi affrontare intorno a noi almeno un caso concreto, un piccolo problema, dandoci ciascuno un obiettivo diretto che magari è nella propria città o nel caseggiato davanti a noi - e non necessariamente al di là di un oceano - per risolvere o almeno cercare di risolvere “quel” problema. Far crescere questa coscienza di reciproca appartenenza ad un mondo globale, chiedere che il problema sia considerato a livello politico e dei governi è diventato indispensabile perché con questo atteggiamento di minor menefreghismo generale forse non avremo cambiato il mondo, ma sicuramente avremmo cominciato a farlo, ma prima di tutto avremo migliorato noi stessi.

2013/10/25

EU rovina d'Italia

Lo "stato di eccezione" è uno dei concetti chiave della dottrina politica di Carl Schmitt (1).
Si contrappone allo stato di diritto, perché si configura come una situazione in cui il diritto è sospeso. Una situazione di emergenza,di necessità temporanea in cui il potere costituito sospende il diritto una sospensione del diritto quindi legalizzata. 

Da chi?

Sovrano è colui che decide sullo stato di eccezione nel senso che decide se sussiste lo stato di eccezione e che decide cosa si debba fare per superarlo. E chiaro che l'eccezione fa emergere, in tutta la sua forza, la prevalenza (temporanea) del politico sul giuridico, lo Stato sospende il diritto, per volontà e necessità di autoconservazione. Non occorre dire che questo concetto di stato di necessità, travalicando certi limiti che lo giustificano, può diventare molto pericoloso per lo stesso Stato di diritto e per i suoi cittadini. Questo "stato di eccezione", o meglio il suo stravolgimento, è quello che viene costantemente evocato (e applicato) da due anni a questa parte dall'Europa usuraia, il vero sovrano che decide cosa fare e che pone una discutibile (per non dir falsa) eccezione come una regola generale, con la pretesa di identificarla come normalità giuridica.

Stato di eccezione che consente agli usurpatori della sovranità di decidere e imporre quanto vogliono per la loro sopravvivenza, e non certo quella dello Stato privato della sovranità e guidato da meri esecutori di questa sciagurata e distorta visione politica.

Insomma, paradossalmente, siamo in presenza di entità mitologica, un obbrobrio giuridico e politico, la UE, che non è uno Stato, né una federazione di Stati ma in pratica una consorteria finanziaria e affaristica basata su una moneta truffa e che, oltre a confiscare la sovranità, decide pure quale sia l'eccezionalità e quanto deve durare a salvaguardia dei propri interessi, completamente diversi e contrari a quelli dei popoli che tiranneggia. Infatti questa sospensione molto poco temporanea del diritto che giustifica ogni illegalità, può configurarsi come vera e propria dittatura.

La Commissione Europea è l’esecutivo politico di questo cartello usuraio, non siamo noi a eleggerla, è lei che dispone i progetti di legge e non il parlamento europeo, che può solo approvarli. Commissione Europea non eletta dal popolo e che non può nemmeno essere destituita. Per giustificare l'illegalità, l'UE ha costantemente usato l'argomentazione dello "stato di necessità " (su cui si fonda lo "stato d'eccezione"), che autorizza a sospendere la costituzione. Non la sua, dato che non esiste....ma quella dei singoli membri. Lo stato di necessità è dettato dall'imperativo di salvare il sistema oligarchico. Ciò significa che le elezioni vanno evitate a tutti i costi e che il golpe avviato con la nomina di Mario Monti deve proseguire, per assicurare che gli italiani si immolino per salvare l'euro, cioè gli interessi dell'oligarchia e il loro strumento di potere, l'euro appunto.

Nell'estate del 2011, l'UE ha creato uno stato di necessità per l'Italia manipolando il valore dei suoi titoli di stato. La BCE ha prima lasciato cadere i titoli, è quindi intervenuta successivamente per acquistarli al fine di sostenere il governo Monti.

Si ripeterà il giochino con Letta?

È questo che Draghi ha discusso nella cena delle trame? Il suo annuncio al Parlamento Europeo che la BCE è pronta a un'altra mega-iniezione di liquidità per le banche (LTRO) ha a che fare con questo? (2)
Che ha chiesto Draghi in cambio ai suoi commensali? Il Financial Stability Assessment del FMI per l'Italia, rilasciato il 27 settembre, raccomanda l'applicazione del bail-in (prelievo forzoso) per soccorrere le banche italiane. 
Oppure si è limitato a sollecitare le privatizzazioni, in famoso "stile Britannia"?
Intanto questa è  la “ricetta” avanzata dall’élite finanziaria mondiale  tramite i banditi FMI, che nella settimana della crisi-burla ha recapitato a Roma un dossier di 300 pagine in cui il braccio armato della Troika prevede l’imminente fallimento del nostro paese, prenotandone la resa: cessione dello Stato a prezzi di realizzo, smantellamento di quel che resta del welfare, ulteriore compressione degli stipendi. L’Italia deve “costare” meno. Meno soldi per salari, pensioni e servizi, mettendo mano alle “riforme strutturali” neoliberiste sul tavolo di Letta, Alfano e Saccomanni, cioè la “squadra” messa insieme da Napolitano, uno dei principali scafisti degli usurai.

La nostra rovina, infatti, è l’Europa dell'euro nella quale ci hanno traghettato gli scafisti dell’oligarchia sinistroide. La cricca affaristica che si spaccia per “sinistra” ha saputo solo provvedere agli interessi usurai (e suoi) con leggi “ad partes” e appoggiare criminali frange economiche mondiali, veri campioni di vampirismo economico sociale, tipo Bilderberg e Trilateral, di cui molti di questa "sinistra" fanno e han fatto parte e nella quale non è mai entrata per esempio la destra, stranamente esclusa da un'organizzazione fantasma che tiene le fila in nome di una apparente giustizia sociale che evidentemente non è.

E così, tornando all'amena cenetta a casa Scalfari, troviamo Draghi, Letta e Napolitano, tutti membri del "più Europa oligarchica" e meno democrazia per i popoli . Subito dopo il picnic, la Pizia Eugenia ha impartito gli ordini di marcia in un accorato sermone sul tazebao del bancarottiere e evasore, nonchè massone De Benedetti. Dopo aver sentenziato in puro stile fascio illuminato che "la massa non fa progressi", frate Eugenio lancia l'allarme: si sta cercando di mettere in discussione "l'esistenza dello stato di necessità" che giustificò il governo UE  di Mario Monti prima, e di Enrico Letta poi. C'è il rischio che Letta sia costretto da ricatti vari (e di Berlusconi...questo non può mancare mai...) a adottare una politica di anti-austerità, anti-euro.


 Ma, conclude lo squadrista: Letta, Napolitano e Draghi "sono i nostri tre punti di forza, che hanno l'Europa come obiettivo preminente per l'avvenire di tutti. Se questa realtà è chiara, occorre operare, ciascuno nell'ambito delle sue competenze, affinché si realizzi”. 
Capito....?!?! Quest'altro scafista sinistrato, laureato in fesserie filosofico politiche e delirio di onnipotenza? Questi sarebbero i tre punti di forza (più lui naturalmente), invece degli affossatori della Repubblica Italiana che sono in realtà!! Tre diversi gradi di servitù, pardon quattro, con la Pizia... quel Scalfari che come pennivendolo sta nel gradino più basso e vergognoso.

E così abbiamo trovato un altro predicatore dello "stato d'eccezione" che deve proseguire per l'avvenire di tutti i suoi amici oligarchi, magari rendendolo definitivo e abolendo qualsiasi Costituzione. Il sol dell'avvenire scalfariano!
Nella vecchiaia malvissuta manco senatore a vita, poverino, si è tanto prodigato in lecca lecca presidenziali! Sembra rinascano i furori giovanili, ma è solo fuffa, conformismo, leccaculismo a fin di male, puro confronto dettato dal bisogno i emergere a quel mare di merda ove, nonostante tutto, è riuscito a cacciarsi da solo.
Fascista era e tale é rimasto anche se fa finta di essere dell'opposta fazione.

Ma un fascista poco aristocratico (come a lui piacerebbe), bensì arrampicatore, e opportunista lo è sempre stato, pure durante il periodo bellico, e come sappiamo, anche dopo. Sempre bene ricordarlo ai tartufi del foglio vespasianeo dell'Inquisizione Scalfariota (lettori compresi). Scriveva  il Vate Fochettaro in preda stavolta al leccazampismo: 

"Noi siamo pronti a marciare, a costo di qualsiasi sacrificio, contro tutti coloro che tentano di fare mercimonio della nostra passione e della nostra fede. E ancora oggi è la stessa voce del Capo che ci guida e ci addita le mete da attingere. Gli imperi quali noi li concepiamo sono basati sul cardine di razza escludendo perciò l'estensione della cittadinanza da parte dello Stato Nucleo alle altre genti".

Bravo, bis! Non male, rispetto a oggi! Anche questo lo mettiamo nel cocuzzaro di tutti quegli intellettuali di sinistra (dopo) che si facevan le ossa qualche anno prima, gridando W il Duce. Eccoli qui i novelli riformisti attenti alle purghe all'olio di ricino e al portafogli, possibilmente sempre pieno di dollari, gli euro sono per i poveri.
Lasciamo ora questo sussiegoso e vecchio avanzo da "sotto tutte le bandiere " ora quella dell'Europa usuraia, era tanto per far capire chi ne sono certi difensori.

Tornando a bomba, in realtà gli usurai della Ue e i loro esecutori italioti, hanno continuamente bisogno di agitare questo straccio della "situazione di eccezione" e di "necessità", in una sorta di continuo terrorismo mediatico.
Ciò che infatti temono, insieme ai loro servi, è che il sentimento anti austerità nella popolazione italiana possa sfociare in un definitivo voto anti-euro in caso di nuove elezioni (già in Francia e altri paesi è una certezza), e ancor di più che la protesta sfoci in aperta guerriglia, ciò che non gioverebbe alla loro causa, basata sulla mistificazione e sull'accettazione passiva delle popolazioni. Questo timore è ben esplicitato, tra gli altri, dalle parole del giullare europeo Letta:

"Rischiamo i avere il maggior Parlamento europeo "anti europeo" di sempre. Il grande rischio è che il 25% del Parlamento europeo sia composto da movimenti anti euro o anti Europa". "La crescita del populismo è oggi il primo problema sociale e politico. Combattere il populismo è una missione oggi in Italia e negli altri Paesi"

Non voglio nemmeno commentare queste fesserie, ormai è talmente abituato a dirne tante. Reprimere tali rivolte, stante il clima a loro generalmente ostile (nonostante gli accaniti sforzi dei pennivendoli per dissimularlo), sarebbe un colpo mortale alla loro finta immagine a favore dei popoli e non farebbe altro che incrementarle.

Coraggio italiani, il fronte antieuro si va via via incrementando in tutta l'Europa dei popoli, facciamo la nostra parte e cacceremo tutti questi profittatori, sguatteri compresi.

Note:
(1)  -  Lo Stato di eccezione è uno dei concetti chiave nell'ontologia politica di Carl Schmitt. Partendo da concetti primordiali come terra, mare, amico, nemico, egli arriva poi alle differenze tra legalità e legittimità e correla strettamente la sovranità con lo stato di eccezione. Da alcuni punti di vista lo stato di eccezione si contrappone allo stato di diritto, perché si configura come una situazione in cui il diritto è sospeso. D'altro canto esso tende a situarsi in una posizione intermedia tra lo stato di natura e lo stato di diritto, assumendo un aspetto pre-giuridico. 

Questa situazione in cui il potere costituito sospende il diritto è sotto certi aspetti speculare al diritto di resistenza altra situazione in cui legalità e legittimità si differenziano, però a favore del popolo e non del potere costituito. Lo Stato d'eccezione anche noto come "Stato totale per energia", si contrappone allo Stato totale per debolezza a cui Carl Schmitt faceva riferimento come Stato creato dal compromesso liberal-democratico, ritenuto incapace di decisione politica, di sovranità, pur occupandosi di ogni ambito della società. Lo Stato d'eccezione si configura come soggetto politico che deve avere e pretendere per sé il controllo totale di ogni ambito della società (Stato che Schmitt vedrà realizzato nel Terzo Reich).

Doveva basarsi su tre punti: Popolo (diviso per ordine razziale); Partito (manifestazione dell'energia politica vitale del popolo appartenente a quello Stato); Stato (ambito formale in cui si dà l'ordine concreto). Il concetto è stato ripreso in tempi recenti da Giorgio Agamben in un libro omonimo, in cui analizza tale stato come un vuoto giuridico, una sospensione del diritto paradossalmente legalizzata (un ius-stitium che è differente dalla dittatura). Egli trova lo stato d'eccezione molto diffuso nella realtà di oggi.

(2) - A pezzi anche il nostro sistema bancario: sta ancora in piedi solo grazie ai finanziamenti della Bce di Draghi, che però non dureranno all’infinito. Sempre il FMI spiega che i bilanci delle banche stanno diventando insostenibili per via del crollo del valore degli immobili detenuti come garanzia, mentre i crediti non esigibili da aziende e privati sono arrivati a 140 miliardi di euro, cifra che rappresenta il 10% del Pil.