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2015/06/13

Migranti


Chi ha attraversato nei giorni scorsi i piazzali davanti alla stazione Centrale di Milano e di Roma Termini ha trovato lunghe file di persone incolonnate o distese per terra, sporcizia, tensione. Vedo, anche se da molto lontano, le immagini quotidiane in TV degli sbarchi e – sulla carta geografica – i punti sempre più vicini alla costa libica dove le navi europee intercettano i naviganti per fare poi la spola verso le nostre coste.

Prendo atto che purtroppo la questione dei profughi salvati in mare è finita nel tritacarne della politica: è ovvio, ma è un male perché so che queste tematiche sono importanti dal punto di vista elettorale, ma qui si parla soprattutto della vita di migliaia di persone.

Uomini, donne, bambini: se sono un cristiano minimamente coerente devo pensare prima di tutto alla dignità dei miei simili, all’aiuto disinteressato, alla solidarietà.

Questo aspetto per me è fondamentale e non negoziabile ma – partecipando a un consorzio civile – ho anche l’obbligo come persona responsabile di sottolineare il metodo assurdo di come si stia affrontando questa emergenza e i guai sempre più grandi che ne nascono per i preconcetti di molti ma anche per insipienza, demagogia, incapacità dimostrata da chi sarebbe tenuto a affrontarla. 

Perché il problema non sono tanto o solo quei 500, 1.000, 3.000 profughi che stanno sbarcando oggi (siamo arrivati a circa 10.000 la settimana) ma i 10.000 della settimana prossima e così via in una progressiva escalation. 

L’Italia intanto si sta facendo prendere in giro in Europa, è irrisa da tutti, non conta assolutamente nulla. Renzi e la Mogherini dimostrano tutta la loro pochezza internazionale senza dimostrare il coraggio di prendere decisioni strategiche (compresa la denuncia dei trattati UE, magari creando un asse con la Grecia, pure invasa dai profughi) sperando che passi in qualche modo un fenomeno che non passerà, ma anzi peggiorerà perché si autoalimenta proprio per nostra irresponsabilità.

Da mesi si dice che 1,000,000 di potenziali migranti stanno arrivando e non si è fatto NULLA, anzi, si è irriso chi denunciava questo stato di cose! 

Da mesi si sottolinea il mostruoso business dei mercanti di carne umana ma non si è fatto NULLA, come non si riesce a capire che un conto è l’emergenza umanitaria di intervento e un altro la programmazione e la strategia su cosa fare (e “far fare”) poi a queste persone. 

Chi è sbarcato un anno fa è ancora lì, a vivere (male) di sussidi e non ha avuto uno sbocco di vita, uno straccio di opportunità per essere messo alla prova.

Mischiati onesti e delinquenti decine di migliaia di uomini e donne restano inutili con le mani in mano, è facile poi cadere nel peggio. Forse che si sono sveltite le pratiche per utilizzi specifici di manodopera, per inserimenti? Provate a verificare le difficoltà che incontra un privato o una amministrazione pubblica che solo volesse utilizzare queste persone per qualche lavoretto (che peraltro poi mancherà a qualcun altro).

Diciamocelo chiaro: il governo sperava – come in passato - di rifilare il problema a altri e infatti fino a qualche tempo fa il fenomeno in parte si svuotava da sé perché migliaia di migranti sparivano come un fiume carsico oltre frontiera, ma da quando la Francia, la Svizzera, l’Austria di fatto respingono quasi tutti il tubo collettore italiano (e quello greco) si è intasato e la gran parte dei migranti non sparisce più, quindi ce li troviamo e ce li troveremo tutti in casa con problemi progressivi e catastrofici.

Da una parte non bisogna umanamente negare l’aiuto, ma è evidente che oltre un certo limite le strutture di accoglienza non possono più bastare, a parte gli sciacallaggi, la malavita e tutto quel mondo che vive sopra queste emergenze strafottendosene del valore delle persone. Su questo fronte, per esempio, servirebbero decisioni drastiche di condanna e di pene immediate: le avete viste?

Ha senso così continuare a non intervenire in Libia bloccando le partenze per ripescare la gente poco più al largo con gioiosa soddisfazione delle organizzazioni scafiste che hanno rapporti e basi anche in Italia? Ha senso non distruggere (vuoti) i natanti sulle coste libiche pur sapendo che verranno presto utilizzati? 

Il tam-tam che gira in tutta l’Africa dice che chi arriva in Italia è a posto, quindi è durissima riuscire a partire ma può essere la fortuna della vita…avanti quindi e il fiume si ingrossa.

Ci rendiamo conto poi che, per bene che vada, l’Europa assorbirà solo migranti “politicamente corretti” ovvero gente che scappa per motivi politici, ma che sul totale sono una piccola minoranza? E gli altri cosa fanno e dove andranno una volta sbarcati? 

Eppure il fenomeno è stato per mesi minimizzato e irriso e si parla ancora di demagogia antiaccoglienza accusando Zaia o Maroni quando si rischia invece soprattutto la demagogia contraria (ma a parole, poi pochi di chi discetta di aiuti apre davvero la porta di casa sua) che scarica sugli altri i problemi di una nazione dove l’opinione pubblica è sempre più esasperata.

La settimana scorsa in Lussemburgo (commentato da nessuno) si è tenuto un referendum su cosa fare su questa materia e l’80% dei cittadini ha risposto “no” a qualsivoglia nuova accoglienza. Da noi ci sarebbe un risultato molto diverso? Non credo, e certo i contrari non sarebbero tutti leghisti.

E’ deludente e insensata la politica di un governo che salva tutti e poi tutti abbandona, che non ha il coraggio di bloccare le partenze e non sa imporre all’Europa senso di responsabilità. 

Il metro con cui si tratta il problema sottolinea tutte le contraddizioni, i limiti, la superficialità della politica italiana ma soprattutto – obiettivamente – di questo governo.

Io, cittadino che voglio accogliere, devo aiutare, devo comprendere, ho anche il diritto di pretendere che queste cose vengano gestite meglio e non solo con le circolari prefettizie, anche perché il reato di immigrazione clandestina c’era ma è stato tolto scrivendo le premesse di quanto sta accadendo. 

Non solo: i numeri qualche anno fa erano molto inferiori eppure non si è lavorato per ridurre gli afflussi e oggi si usano gli stessi metri di valutazione e tempi ancora più lunghi per i riconoscimenti degli asili “veri” davanti a situazioni ben più diverse e caotiche. 

E quello che fa più ribrezzo è vedere poi il ghigno di chi specula sul fenomeno, chi si fa pagare per i trasporti, gli scafisti che restano impuniti, chi lucra e ruba sul business sul profugo.

Il fenomeno va quindi gestito meglio, non è possibile continuare così e chi è incapace di prendere decisioni deve essere inchiodato alle proprie responsabilità dall’opinione pubblica: è il primo passo per prendere atto della realtà.

2015/06/08

Crisi Greca


Ci sono molto modi per illustrare la crisi finanziaria greca. Uno sarebbe spiegare chiaramente alla gente che per i “tagli” già apportati al bilancio della sanità ellenica in pratica non si fanno più trapianti, non si possono più pagare ai cittadini - e ormai da molti mesi - i farmaci salvavita, i cocktail chemioterapici, spesso neppure gli interventi sanitari d’urgenza. Vale di più la pelle delle persone o il debito pubblico?

Questa Europa ha fatto dell’economia (malata) il suo idolo e del pareggio di bilancio il suo feticcio ma non riesce più a dare risposte ai cittadini e infatti non conta per l’Unione il migrare più o meno legale di centinaia di migliaia di persone. 

Soldi, soldi, soldi: contano solo i soldi perché quel 3% massimo di deficit di bilancio è un mostro ineffabile, uno spauracchio inumano. 

Quei limiti non erano pensati per un continente sostanzialmente in recessione e comunque che arretra rispetto al resto del mondo. L’Euro non riesce a armonizzare economie differenti o lo sta facendo in modo sbagliato. 

Il diritto alla salute di un banchiere europeo che può curarsi in una ottima clinica è diversa da quella di un cittadino greco che non può sopravvivere? 

Ma dove è finita l’Europa dei Popoli, delle idee, del progresso sociale illuminato? Non era questo tipo di Europa che sta alla base della Carta costituzionale europea e poi qualcuno si lamenta che crescano gli “Euroscettici”!

2015/06/03

Fortunati si diventa!


Per alcune persone sembra un fatto normale: ai cosiddetti “fortunati” agli occhi degli altri capitano sempre le cose giuste al momento più opportuno. In realtà, la fortuna è una questione complessa, strettamente collegata anche alla capacità di decifrare i segnali attorno a noi e direttamente connessa al grado di sintonia con i nostri desideri più profondi. Perché le buone occasioni sono ovunque: imparare a vederle è il primo passo per essere un pizzico più fortunati.

LAMENTARSI FA MALE - Una recente ricerca nell'ambito delle neuroscienze ha evidenziato che passare troppo tempo esposti alle lamentele continue influisce negativamente sull'ippocampo, la parte del cervello nel sistema limbico fondamentale per la memoria a lungo termine e con un ruolo importante nello sviluppo della capacità di risoluzione dei problemi. Bastano 30 minuti passati fra persone con tendenze a lamentarsi per avere una ricaduta negativa a livello celebrale.

IMPARA DAI FALLIMENTI - Ogni persona nell'arco dell'esistenza è costretta a confrontarsi con insuccessi e senso di fallimento: la vera questione è imparare a rapportarsi positivamente anche a eventi che portano scompiglio e dolore. Il concetto di “positivo” e “negativo” è strettamente collegato alle nostre reazioni di fronte a un certo evento ma in assoluto non esiste. Entrambi i poli sono due facce differenti di un'unica realtà e fanno parte di una carica vitale in cui l'attore umano si trova costantemente immerso.

OSSERVA LE TUE REAZIONI - Chi agli occhi degli altri sembra ottimista ha semplicemente saputo coltivare la propensione a guardare più il lato positivo delle cose rispetto al negativo. Inizia a esercitare ogni giorno uno sguardo consapevole, segui lo stesso principio su cui si fonda la meditazione. Le difficoltà esistono, ma è l'insegnamento che ne puoi trarre ciò che può trasformare la tua quotidianità. Di fronte a un ostacolo impara a chiederti: “Quale lezione posso imparare?”. Arrabbiarsi è poco utile, invece scoprire le potenzialità di un fatto in apparenza negativo può condurre verso strade nuove.

TI ASPETTI IL PEGGIO? LO AVRAI - Hai mai notato che quando si prospettano le previsioni più nere molto spesso capita davvero che si realizzino? Le neuroscienze si stanno occupando di questi temi ancora in gran parte sconosciuti. Angosciarsi eccessivamente risulta in effetti un catalizzatore di esperienze negative. In realtà il quotidiano è fatto di opportunità continue, a cui spesso non si presta attenzione perché si cerca altro. Impara innanzitutto a vivere con pienezza ciò che ti circonda: essere concentrati su un unico obiettivo qualche volta non permette di vedere tutto il resto. Al contrario trovare il lato positivo anche nei fallimenti e insuccessi ti aiuta a conquistare più fiducia nelle tue potenzialità e a puntare su ciò in cui credi.

ATTENZIONE AI DESIDERI - Nutrire i propri desideri è fondamentale per avere un atteggiamento entusiasta e costruttivo nei confronti della vita. Tuttavia, può capitare di desiderare qualcosa che a livello profondo non è in sintonia con ciò che si è. Accade anche nella vita di ogni giorno, quando ci focalizziamo su un obiettivo che comporta un grande dispendio di energia e fatica ma non ha a che fare realmente con le nostre abilità. Per esempio, un corso di studi scelto senza prestare attenzione alle nostre reali attitudini può condurre verso continue dosi di veleno e infelicità. Inizia a vedere con obiettività i tuoi bisogni, desideri e abilità.

NUTRI LA TUA FIDUCIA - Fidati del tuo istinto: la voce profonda che è in ognuno di noi sa sempre ciò di cui abbiamo bisogno davvero. Guarda con orgoglio le tue cicatrici e gli insuccessi perché sono lezioni di vita. Circondati di persone positive con le quali imparare a vedere le tue potenzialità e abilità. La vita riserva infinite sorprese quando ci permettiamo di nutrire il coraggio di discostarci dalla strada tracciata per vedere altro. Abbandona per un attimo la rotta e fermati a guardare il mondo intorno a te: aprirsi con fiducia alla realtà è la chiave per vivere in maniera differente. La vera fortuna è la capacità di rimanere attenti a quanto succede e afferrare gli eventi trasformando le possibilità in un'occasione.

2015/05/25

Vietnam VISA


Vietnam Updates Visa Categories, Expands Visa-Free Access

Vietnam’s Law on Entry, Exit, Transit, and Residence of Foreigners in Vietnam came into effect on January 1, 2015, doubling the number of visa categories to 20.

Of particular note, foreigners are no longer permitted to change their visa category once inside Vietnam. Therefore, the option of arriving on a tourist visa, applying for a work permit and changing visa categories is no longer available. Rather, the work permit should be applied for according to the Labor Code, and the appropriate visa obtained outside of Vietnam, in a process expected to take one to two weeks. Depending on the nationality of the work permit applicant, this may mean applying in the country or territory which issues their travel documents.

Vietnam Visa Work Permit Procedures

Relevant categories for foreign workers are the ĐT visa for foreign investors and lawyers, the NN1, 2, and 3 visas for those in representative offices or projects of foreign non-governmental organizations (NGOs) or international organizations (IOs), or other foreign cultural, economic of professional organizations, and the DN and LD visas for those working in Vietnam.

Ambiguity remains around the distinction between the DN visas for those “who come to work with companies in Vietnam” and the LĐ visa for those “who come to work”. DN visas are valid for up to 12 months, LD visas for up to two years, and DT visas for up to five years. LD visa holders would also be eligible for temporary residence permits. The law provides for five year residency cards to be issued to foreigners, as opposed to the previous three. Individuals with such residency cards would be permitted to sponsor foreigners to enter the country.

Those with residences in which foreigners may stay are now obliged to be connected to the internet and to declare the presence of foreigners to the Vietnamese government electronically.

Visa free access granted to additional countries

In related news, visa-free access to Vietnam has been granted for tourists from Denmark, Finland, Japan, Norway, Russia, South Korea, and Sweden for stays of up to 15 days according to Resolution No.99/NQ-CP issued on December 29 of last year and applying from January 1, 2015 until December 31, 2019.

Vietnam already has similar visa waiver policies in place for ASEAN member states. Separate visa waiver policies also apply to those visiting the island of Phu Quoc.

The new law mandates a 30 day minimum gap between visits of those entering Vietnam via visa-free access. Those visiting special administrative or economic zones in border areas would no longer be required to obtain a visa.

Expansion of visa-free access was proposed by the Ministry of Transport in September 2014 to citizens of Australia, France, Germany, India, and the UK. Such access had been proposed for Taiwanese (ROC) citizens, but the inclusion of “diplomatic relations with Vietnam” as a criterion for granting visa-free access to residents may preclude this.

In December 2014, the Vietnam Immigration Department held training sessions in Hanoi and Ho Chi Minh City in order to ensure the proper implementation of the new laws. In addition, Director Le Thanh Dung and Deputy Director Tran Van Du of the Immigration Department have provided instructions and answered questions on the law from interested parties.

The new law is expected to support the government’s goal of welcoming 8.3-8.5 million foreign tourists to the country in 2015, up from 7.9 million in 2014. This influx of tourists has attracted many foreign investors to the country who are seeking to set up travel related businesses.

2015/05/24

Come imparare le lingue 24 ore su 24... senza accorgersene!

“Come mi piacerebbe imparare un’altra lingua… sai qual è il problema? Purtroppo non ho tempo!”

La prossima volta che uno dei vostri amici pronuncerà questa frase saprete che, in nove casi su dieci, vi sta mentendo. Certo, ci sono gli impegni della giornata e le ore da trascorrere in ufficio, tuttavia, siamo proprio sicuri che la frase giusta da dire non sia piuttosto “Finisco sempre per perdere un sacco di tempo”?

Molto spesso, infatti, ciò di cui avremmo davvero bisogno sono organizzazione e un po’ di iniziativa. Per studiare una nuova lingua sono necessarie dedizione e costanza, questo è sicuro: per fare pratica ed esercitarsi è sufficiente ottimizzare i ritagli di tempo e cogliere al volo tutte le occasioni. Ecco qualche semplice consiglio per far sì che il vostro viaggio all’interno del nuovo idioma diventi un’esperienza a tutto tondo e vi accompagni nel corso delle vostre giornate.

1) Leggete il giornale in lingua

Acquistate un quotidiano straniero (molte edicole offrono una sezione internazionale, in alternativa regalatevi un abbonamento ad una rivista settimanale come il New Yorker) e approfittate del tragitto in metropolitana verso l’ufficio per aggiornarvi sulle ultime notizie. Non scoraggiatevi se non riuscite a comprendere il significato di tutte le parole: cercate di aiutarvi con il contesto, oppure sottolineatele, cercatene il significato e iniziate a compilare un piccolo glossario delle parole che state imparando.

2) Una palestra per il corpo…e per la mente!

Questo è un consiglio prezioso perché vale doppio. Se vi allenate con regolarità vi sentirete naturalmente in forma, e se comincerete a seguire i nostri consigli, farete anche grossi progressi nell’apprendimento della lingua che avete scelto. In che modo?
Semplice: scegliete un podcast radiofonico, un audiolibro, un album – tutto rigorosamente nella lingua di interesse - oppure, semplicemente, riascoltatevi ripetere le parole imparate durante l’ultima lezione di inglese. L’allenamento sarà doppio e le ore “in palestra” voleranno!

3) Mangiate etnico

Ecco un’altra scusa delle persone che lavorano tanto: “Non ho tempo di fare nulla, neanche di cucinare! Pensa che tutte le sere ordino al take away turco!”

Benissimo. Prendete due piccioni con una fava: sforzatevi di ordinare i vostri piatti in turco e, nell’attesa, scambiate due parole con il proprietario e con i camerieri del ristorante. Non serve fare grandi discorsi… l’importante è superare la timidezza, iniziare a parlare e abituarsi al suono di un’altra lingua.

4) Fate amicizia con il nuovo collega francese o con la vicina polacca

Quale modo migliore per perfezionare la lingua? Andate in pausa pranzo con il collega straniero, scegliete un argomento di conversazione e chiedetegli di correggere i vostri errori e la vostra pronuncia. Se avete un vicino di casa che proviene da un altro paese, allo stesso modo, organizzate delle cene e continuate a mettere alla prova le vostre abilità. Potrebbe rivelarsi l’inizio di una nuova amicizia!

5) Il meritato riposo

Non c’è niente di meglio che distendersi sul divano col gatto sulle ginocchia a guardare un bel film oppure a leggere un libro. Perché non approfittare anche di questo momento di relax per continuare a fare progressi piacevolmente? Scegliete solo film in lingua originale e inserite i sottotitoli (sempre rigorosamente in lingua originale) per avere un riscontro immediato sulle parole che avete appena sentito.

Prendete nota dei modi di dire e delle espressioni idiomatiche e mettetele in pratica alla prima occasione. Se preferite cimentarvi con la lettura, evitate i libri troppo impegnativi e complicati, almeno all’inizio. Gira voce che alcuni dei migliori poliglotti abbiano iniziato a imparare le lingue grazie ai cartoni animati e ai libri per bambini. Provare non costa nulla!

fonte it.babbel.it

2015/05/15

BactoBot: il futuro dell'energia



Fig. 1: Prototipo di EBR da laboratorio. La linea di colore rosso è la membrana permeabile ai protoni

BactoBot non è un nuovo cartone animato giapponese, né un film di fantascienza. Si tratta invece di una nuova biotecnologia che arriva dagli Stati Uniti e che promette di rivoluzionare la produzione di energia rinnovabile da biomasse e rifiuti organici.

Il nome BactoBot è l'acronimo di Bacterial Robot, cioè, un batterio che ha la particolarità di essere programmabile per via genetica in modo da realizzare diverse funzioni, alla stessa maniera dei robot meccanici programmabili mediante il software.

L'azienda proprietaria dei brevetti e del know how segreto industriale è composta da un'equipe di ricercatori provenienti da diverse università e discipline: c’è chi è esperto in modificazione genetica di organismi, chi esperto in Mfc (Microbial fuel cells, celle a combustibile microbiche), o ancora c’è chi è esperto in marketing e pubbliche relazioni istituzionali; tutti insieme hanno dato vita ad un'azienda che in meno di un lustro ha raggiunto diversi milioni di dollari di investimenti e stipulato contratti con importati istituzioni quali la Epa (Environmental protection agency, l’agenzia di protezione ambientale statunitense).

Le potenzialità dei BactoBot sembrano limitate solo dall'immaginazione e disponibilità di capitale dei committenti. A data odierna, sono stati sviluppati BactoBots per la produzione di energia elettrica a partire da acque residue, tramite una tecnologia chiamata Ebr (Electrogenic bio reactor, bioreattore elettrogeno).

Un Ebr è un particolare tipo di Mfc nel quale dei BactoBot programmati per degradare la materia organica, o un qualsiasi composto inquinante, sono fissati a dei nanotubi di carbonio che costituiscono l'anodo. L’attività metabolica dei BactoBot scinde le molecole della materia organica, fecale o di altro tipo, presente nell’acqua da trattare, liberando idrogeno. Una membrana di un materiale speciale, impermeabile all'acqua ma permeabile ai protoni, separa la camera di reazione biologica, contenente i BactoBot e l’acqua da trattare, dal catodo in grafite, il quale è a contatto con l'aria. Quando si chiude il circuito, fra anodo e catodo, l’idrogeno prodotto dai BactoBot si scinde in elettroni e protoni. Gli elettroni viaggiano attraverso i fili di rame ed il carico elettrico esterni fino al catodo, mentre i protoni gli raggiungono passando attraverso la membrana. Nel catodo protoni e ed elettroni si ricombinano in idrogeno, il quale si combina con l’ossigeno dell’aria, generando acqua. Il processo genera dunque energia in forma di corrente elettrica, acqua pura, e allo stesso tempo degrada la materia inquinante contenuta nel refluo all’interno della camera biologica, facilitando poi il suo trattamento ulteriore. 

I creatori della tecnologia dicono che sia persino possibile realizzare BactoBot che degradino selettivamente un particolare tipo di inquinante, come ad esempio i polifenoli presenti nelle acque di vegetazione degli oleifici, responsabili della scarsa biodegradabilità e difficoltà di trattamento di questo refluo, oppure gli idrocarburi versati in mare nel caso di un naufragio. Un Ebr già testato negli Usa è capace di produrre energia dall’urina separando l’azoto ed il fosforo ivi contenuti per produrre dei fertilizzanti.

Un altro tipo di BactoBot, invece, è stato progettato per funzionare come biocatalizzatore. Facendo circolare in controcorrente il gas di scarico di un processo di combustione (ad esempio una centrale a biomassa o biogas) ed una soluzione nutriente, i Bactobot fissati su di un substrato artificiale sono in grado di sintetizzare butanolo, un alcol considerato come "biobenzina", capace di rimpiazzare quest'ultima senza bisogno di modifiche ai motori esistenti e con diversi vantaggi ambientali.

Ancora un’altra possibilità dei BactoBot è la fermentazione diretta dello sterco animale, producendo del bioetanolo, un combustibile di grande interesse commerciale come additivo alla benzina, ma prodotto attualmente da materie nobili quali il frumento, il mais o la canna da zucchero e molto contestato dai gruppi ecologisti per questo motivo. I BactoBot dunque presentano un triplice vantaggio: in primo luogo producono biocarburante pulito e a basso costo; in secondo luogo riducono il carico inquinante dovuto alle deiezioni zootecniche, e, infine, liberano una buona parte della produzione dei cereali e dello zucchero dall’utilizzo insostenibile per produrre combustibile, per il loro scopo genuino di alimentazione umana e animale.

Sorge dunque una domanda spontanea: i digestori anaerobici sono destinati a sparire? Secondo noi assolutamente no! E spieghiamo il perché: un altro BactoBot è in grado di produrre metano direttamente da qualunque substrato organico. Questa tecnologia consentirà allora la costruzione di digestori molto più compatti ed efficienti nella degradazione delle biomasse residue agricole, assicurando la fornitura di metano alle nostre abitazioni.

Ma come funziona un BactoBot? Al pari di un robot, è composto da un"hardware" generico - adatto a più scopi (in pratica un batterio al quale è stato asportato il Dna), un "sistema operativo" (appunto il Dna del batterio che verrà ricodificato)- e da un "software" (i singoli geni che compongono il Dna, che vengono "accesi" o "spenti" dai biotecnologi allo stesso modo del linguaggio binario “1 e 0”).

Fig. 2: Aspetto esterno di un BactoBot
La figura 2 mostra la "carrozzeria" scelta per “fabbricare” i BactoBot. Si tratta di un batterio assolutamente innocuo, ma caratterizzato da una sorta di "peli", tecnicamente chiamati col nome latino pilus, che diventano molto utili per consentire una facile adesione ad una matrice inerte (solitamente nanotubi di carbonio), in modo da poter immobilizzare grandi quantità di individui all'interno del bioreattore. 

Quando si parla di organismi geneticamente modificati, insorgono sempre critiche e paranoie apocalittiche da parte di attivisti di ogni colore politico. Cosa succede se per qualche motivo si rompe un reattore e i BactoBot vanno a finire in un ambiente naturale? O se i terroristi riescono a impossessarsi di un campione con lo scopo di "pirateggiare" il Dna per fabbricare armi biologiche? Tutte queste ipotesi potrebbero accadere, ma senza incorrere in seri rischi per la collettività perché gli scienziati americani hanno già pensato e sviluppato una soluzione.

Per fare un’analogia con il mondo dei software più sofisticati, questi batteri sono impossibili da copiare perché per poter funzionare richiedono la presenza di una sorta di "chiavetta", per seguire l’analogia con il campo informatico. In altri termini, i BactoBot possono vivere solo se nel loro medio si trova - in una certa concentrazione prestabilita- una molecola (neutra e biodegradabile nell'ambiente naturale). Quella che funziona come chiavetta si chiama GeRM Key (Genetic rights management key, chiave di amministrazione dei diritti genetici) e la sua mancanza provoca la distruzione immediata sia del Dna che del Rna del BactoBot.



Da un articolo di Agronotizie - Mario Rosato

EB-5 un modo per cambiare in meglio la vostra vita


Quanti di voi hanno mai pensato che andarsene dall'Italia fosse la migliore soluzione? Ebbene, per chi non ha già raggiunto il fondo del barile ecco che si presenta una soluzione alternativa alla fuga, una soluzione onorevole e facilmente percorribile se si possiedono quelle caratteristiche imprenditoriali che possano portare alla creazione di un'impresa che produce e dia lavoro a almeno dieci cittadini statunitensi.
Chi non l'ha mai pensato?
Vediamo insieme come si fa.

Il visto EB-5 è un modo per ottenere la carta verde, e la residenza permanente, attraverso l'investimento. Il programma di visti EB-5 da investitore consente agli stranieri che fanno un investimento commerciale degli Stati Uniti di ottenere una carta verde (Green Card) e diventare residenti permanenti legali, e in seguito eventuali cittadini, degli Stati Uniti. L'investimento può portare a una Green Card per l'investitore per vivere in modo permanente e lavorare negli Stati Uniti con il coniuge e i figli non coniugati di età inferiore a 21 anni.

EB-5 Visto Immigrati Investitori

Descrizione del Visto

La USCIS amministra il Programma Investimento Immigrazione, noto anche come "EB-5", creato dal Congresso nel 1990 per stimolare l'economia degli Stati Uniti attraverso la creazione di posti di lavoro e gli investimenti di capitale da parte di investitori stranieri. Nell'ambito di un programma di immigrazione pilota per primo emanato nel 1992 e regolarmente riautorizzato, alcuni visti EB-5 vengono dedicati per l'investimento in centri regionali designati dal USCIS sulla base di proposte per promuovere la crescita economica.

L'EB-5 Adjudications Policy Memorandum è il documento guida per la somministrazione USCIS del programma EB-5. Esso si basa su una guida politica preventiva per giudicare EB-5 ed è applicabile a, e vincolante a tutti i dipendenti USCIS.

Tutti EB-5 gli investitori devono investire in una nuova impresa commerciale, che è un'impresa commerciale:

Nata dopo 29 NOVEMBRE 1990, o

Fondata o prima 29 novembre 1990, vale a dire:

1. Acquistato e il business esistente è ristrutturato o riorganizzato in modo tale che una nuova risultati dell'impresa commerciale, o

2. Estesa attraverso l'investimento in modo che si verifica un aumento del 40 per cento a patrimonio netto o l'aumento del numero di dipendenti 

Impresa commerciale: qualsiasi attività a scopo di lucro costituita per lo svolgimento di attività ancora lecita tra cui, ma non solo:

Una ditta individuale
Partnership (sia a responsabilità limitata o generale)
holding
joint venture
società
Fiduciaria o altro soggetto, che può essere pubblica o privata

Questa definizione include una impresa commerciale costituito da una holding e le sue consociate, a condizione che ogni filiale è impegnata in attività a scopo di lucro costituita per lo svolgimento costante di un business legale.

Nota: Questa definizione non comprende le attività non commerciali come possedere e gestire una residenza personale.

Requisiti creazione di occupazione

Creare o mantenere almeno 10 posti di lavoro a tempo pieno per la qualificazione dei lavoratori degli Stati Uniti entro due anni (o, in determinate circostanze, entro un tempo ragionevole dopo il periodo di due anni) per l'ammissione dell'investitore immigrato negli Stati Uniti come un condizione per ottenere la residenza permanente.

Creare o mantenere posti di lavoro diretti o indiretti:

Posti di lavoro diretti sono lavori identificabili e reali per i dipendenti qualificati situati all'interno dell'impresa commerciale in cui l'investitore EB-5 ha direttamente investito il suo capitale.

Posti di lavoro indiretti sono queli appurati essere stati creati collateralmente o come risultato di capitale investito in una impresa commerciale affiliata con un centro regionale per un investitore EB-5. Un investitore straniero può utilizzare solo il calcolo di posti di lavoro indiretti in caso di iscrizione a un centro regionale.

Nota: gli investitori possono essere accreditati solo con il mantenimento di posti di lavoro in un business in difficoltà.

Un business in difficoltà è un'impresa che è in vigore da almeno due anni e che ha subito una perdita netta nel periodo di 12 o 24 mesi prima della data prioritaria relativa all'immigrazione dell'investitore indicata sul modulo I-526. La perdita in questo periodo deve essere di almeno il 20 per cento degli affari sul patrimonio netto prima della perdita. Ai fini della determinare se l'azienda in difficoltà è in vigore da due anni, gli aventi interesse per l'attività saranno considerati solo se sono stati attivi per lo stesso periodo di tempo del business.

Un dipendente qualificato è un cittadino americano, un residente permanente o altri immigrati autorizzati a lavorare negli Stati Uniti. L'individuo può essere un residente condizionale, un richiedente asilo, un rifugiato o una persona che risiede negli Stati Uniti, in sospensione dell'espulsione. Questa definizione non comprende l'investitore immigrato; il suo coniuge, i figli o figlie; o qualsiasi cittadino straniero in qualsiasi stato non immigrante (titolare di visto H-1B) o che non è autorizzato a lavorare negli Stati Uniti.

Lavoro a tempo pieno è l'impiego di un dipendente qualificato per la nuova impresa commerciale in una posizione che richiede un minimo di 35 ore di lavoro settimanali. Nel caso dell'investitore che aderisce a un Programma di Immigrazione pilota, per "lavoro a tempo pieno" si intende anche l'occupazione di un dipendente qualificato in una posizione che è stata creata indirettamente dagli investimenti connessi con il programma pilota.

Un accordo di lavoro condiviso con il quale due o più dipendenti qualificati condividono una posizione a tempo pieno conterà come un lavoro a tempo pieno a condizione che il requisito orario settimanale sia soddisfatto. Questa definizione non include combinazioni di posizioni part-time o equivalenti a tempo pieno anche se, combinati, le posizioni soddisfano il requisito orario settimanale. La posizione deve essere permanente, a tempo pieno e costante. I due dipendenti qualificati che condividono un lavoro devono essere permanenti e condividere i benefici associati normalmente legati a qualsiasi posizione permanente e a tempo pieno, tra cui il pagamento di compensazione e di premi di disoccupazione per la posizione da parte del datore di lavoro.

Requisiti di capitale d'investimento

Capitale significa contanti, attrezzature, scorte, altro bene materiale, equivalenti di cassa e l'indebitamento garantito da beni di proprietà dell'imprenditore straniero, a condizione che l'imprenditore straniero è personalmente responsabile in primo luogo e che le attività della nuova impresa commerciale su cui si basa la petizione non vengono utilizzate per garantire qualsiasi indebitamento. Tutto il capitale è valutato al valore equo di mercato in dollari statunitensi. I beni acquisiti, direttamente o indirettamente, con mezzi illeciti (come ad esempio le attività criminali) non sono considerati capitale ai sensi della sezione 203 (b) (5) della Legge.

Nota: il capitale di investimento non può essere preso in prestito.

Investimenti minimi richiesti sono:

Generale: L'investimento minimo di qualificazione negli Stati Uniti è di $1 milione.

Area di collocamento mirato (alta disoccupazione o Area Urbana). L'investimento minimo di qualificazione deve essere all'interno di una zona con un alto tasso di disoccupazione o una zona rurale negli Stati Uniti, in questo caso l'investimento minimo di qualificazione è di $ 500.000.

Una zona di collocamento mirato è un settore che, al momento dell'investimento, è in una zona rurale o una zona con disoccupazione di almeno il 150 per cento del tasso medio nazionale.

Una zona rurale è una qualsiasi area al di fuori di una zona statistica metropolitana (come designata dall'Ufficio di Gestione e Bilancio), o al di fuori del confine di qualsiasi città o paese con una popolazione di 20,000 o più abitanti secondo il censimento decennale.

Per informazioni aggiuntive e per richiedere di aderire al programma consultate questo link: USCIS

2015/05/04

A (very) Short History of Kanban



A few days ago, a friend asked me to help compile a CV that could be aggressive enough to find a new job. Of course I, having trained as an engineer as well as a writer, I cared mainly the professional aspect but also the image, not going into what could be the specific experiences. Because it was not my experiences, but his, I decided that he was solely responsible for what he had written.

Only one word had left me doubtful: Kanban. The reason was due to the fact that the CV seemed written or copied hastily and I, not knowing all the specific terms of his job, I thought it was simply a word badly copied and transcribed worsely. Instead Kanban exists, and learn about the aspects of this process saves time and money to those who apply. Let's read together the explanation and its applications.

The Kanban Method


In the late 1940s, Toyota found a better engineering process from an unlikely source: the supermarket. They noticed that store clerks restocked a grocery item by their store’s inventory, not their vendor’s supply.

Only when an item was near sellout did the clerks order more. The grocers’ “just-in-time” delivery process sparked Toyota engineers to rethink their methods and pioneer a new approach—a Kanban system—that would match inventory with demand and achieve higher levels of quality and throughput.

So how’d they do all that?

In simplest terms, by better communication through visual management.

Kanban is Japanese for “visual signal” or “card.” Toyota line-workers used a kanban (i.e., an actual card) to signal steps in their manufacturing process. The system’s highly visual nature allowed teams to communicate more easily on what work needed to be done and when. It also standardized cues and refined processes, which helped to reduce waste and maximize value.

A new application of Kanban emerged for knowledge work as early as 2005, and an inquisitive community formed in 2007 around the leadership of David J. Anderson, Jim Benson, Corey Ladas and others. Their resulting body of knowledge was influenced not only by the Toyota Production System but also by the work of W. Edwards Deming, Eliyahu Goldratt, Donald Reinertsen and other thought leaders.

Kanban Today and Why it Works

Today’s workforce may be armed with retina-worthy smartphones and tablets, but plenty of information still comes our way as words on a screen. Emails, spreadsheets, task lists—text is everywhere. While it fits certain scenarios, textual information is not a one-size-fits-all communication vehicle. Its effectiveness is lower than you might think.

It starts with your brain.

A picture is worth a thousand words for scientific reasons: The brain processes visual information 60,000 times faster than text. Forty percent of all nerve fibers connected to the brain are linked to the retina. Visual information comprises 90 percent of the data that comes to our brain, suggesting that our neurological pathways might even prefer pictorial displays over text.

Kanban helps you harness the power of visual information by using sticky notes on a whiteboard to create a “picture” of your work. Seeing how your work flows within your team’s process lets you not only communicate status but also give and receive context for the work. Kanban takes information that typically would be communicated via words and turns it into brain candy.

Four Core Kanban Principles

Unlike other methods that force fit change from the get-go, Kanban is about evolution, not revolution. It hinges on the fundamental truth that you can’t get where you want to go without first knowing where you are.

Kanban is gaining traction as a way to smoothly implement Agile and Lean management methods in tech and non-tech companies around the world. Throughout this fresh take on Toyota’s manufacturing process, Kanban’s core elements have remained rooted in the principles below. (Note: There are many ways to define Kanban. Our intent in listing the core elements in this manner is not to introduce a new definition but to distill the common principles.)

1. Visualize Work

By creating a visual model of your work and workflow, you can observe the flow of work moving through your Kanban system. Making the work visible—along with blockers, bottlenecks and queues—instantly leads to increased communication and collaboration.


2. Limit Work in Process

By limiting how much unfinished work is in process, you can reduce the time it takes an item to travel through the Kanban system. You can also avoid problems caused by task switching and reduce the need to constantly reprioritize items.


3. Focus on Flow

By using work-in-process (WIP) limits and developing team-driven policies, you can optimize your Kanban system to improve the smooth flow of work, collect metrics to analyze flow, and even get leading indicators of future problems by analyzing the flow of work.


4. Continuous Improvement

Once your Kanban system is in place, it becomes the cornerstone for a culture of continuous improvement. Teams measure their effectiveness by tracking flow, quality, throughput, lead times and more. Experiments and analysis can change the system to improve the team’s effectiveness.

2015/05/03

Vigliacchi, solo vigliacchi



Vi chiamano Black Bloc, ma noi, e parlo a nome di tanti comuni cittadini, preferiamo additarvi come delinquenti, vigliacchi. Sì, delinquenti con l’aggravante della vigliaccheria.

Vi presentate coperti dalla testa ai piedi come guerriglieri dell’Isis, o come tanti condom pronti a penetrare le nostre città, a stuprarle, a violentarle. Godete nel distruggere, annientare, calpestare la roba altrui. Palle che ce l’avete con le banche, la Borsa ed i luoghi del capitalismo.

Incendiate le nostre auto, i nostri negozi, imbrattate le nostre strade. Ci private della libertà di camminare nelle nostre vie, per evitare di essere colpiti dalle pietre che lanciate alla rinfusa, dalle vostre manganellate, dai vostri insulti. Siete incoerenti, poiché la maggior parte di voi neanche sa perché è sceso in piazza. Le interviste rilasciate da qualche vostro “compagno” idiota lo dimostrano. Sono lì, registrate, ascoltatevele. “Cioè protestiamo .. cioè distruggiamo … cioè spacchiamo tutto”. Siete annoiati dalla vita, vuoti, frustrati e quindi vi accanite come bestie inferocite verso tutto e tutti. Tanti di voi arrivano sul luogo da colpire già strafatti, ciucchi di alcol e rintronati dal fumo, ma non quello del camino o dalla grigliata domenicale. Vi danno forza, sicurezza, eccitazione. Eccitazione che alimentate mentre prendere a randellate il bidone dei rifiuti, la vetrina del nostro fruttivendolo, incendiate l’auto del nostro vicino di casa, prendete a bastonate chiunque si ribelli al vostro scempio, soprattutto i poliziotti, vostri acerrimi nemici.

Sappiate, se i vostri genitori non ve l’hanno insegnato, che il bidone dei rifiuti, la vetrina del nostro fruttivendolo e l’auto del nostro vicino di casa non hanno nulla a che fare col capitalismo. Anzi, il Comune dovrà rimpiazzare il bidone che poi noi rimborseremo con le nostre tasse. Il fruttivendolo dovrà ripagarsi la vetrina di tasca propria perché non tutti hanno l’assicurazione, ed in ogni caso non tutte prevedono gli atti di vandalismo. Il nostro vicino di casa ha le rate della macchina da pagare fino al 2050, la lascia in strada perché non ha i soldi per il box e gli serve per andare a lavorare fuori Milano. L’assicurazione lo risarcirà con quattro noci di cocco ed un ciuffo d’ananas, e lui dovrà indebitarsi ancora grazie alle vostre prodezze da infami.

Vi approfittate delle mani legate dei poliziotti perché i vostri “protettori” hanno dato ordine di non infierire. In parole povere, potete distruggere la città come e quanto vi pare, poiché le forze dell’ordine possono intervenire solo quando c’è qualcuno in pericolo di vita. E voi, da bravi vigliacchi quali siete, ve ne approfittate.

Siete incapaci di manifestare pacificamente con cartelli o striscioni, saltare su di una cassetta della frutta, improvvisare un palco ed urlare al mondo il perché dei vostri “NO”. Ma che dico, la manifestazione è la scusa al vostro vandalismo, alla vostra rabbia.

Ho visto per terra, a scempio ultimato, i vostri caschi, le tute e le sciarpe che da codardi avete usato per non farvi riconoscere. E da vigliacchi e codardi siete corsi a mischiarvi coi manifestanti pacifici per non farvi arrestare.

Siete dei barbari, oramai è assodato, è certezza. Barbari codardi e vigliacchi coccolati da uno Stato loffio contro i farabutti e duro con i giusti. Uno Stato che domani a gran voce chiederà per voi un pugno di ferro e delle punizioni esemplari. Ennesima farsa recitata dai soliti buffoni, i disonorevoli pagliacci capaci solo di far andar la bocca per poi chiuderla con un amen, un nulla di fatto.

M’arrovello la mente chiedendomi se i vostri genitori sono consapevoli di ciò che voi fate. Forse qualcuno è all’oscuro, ma in tanti sanno. Come possono non sapere. Forse vi fanno persino i complimenti. Forse vi preparano le molotov sul tavolo di cucina tra il bricco del caffè e i biscotti per la colazione. Forse vi lucidano il casco e la mazza che poi nasconderete sotto la giacca.

Da un articolo di Magdi Cristiano Allam su facebook

2015/05/01

Black Bloc a Milano


Difficile catalogarli, difficile anche descrivere i contenuti della loro protesta. Per non parlare della loro proposta politica: inesistente.

Un Black Bloc – chiamato così perché i suoi partecipanti tendono a vestirsi di nero - dove Black equivale a nero e Bloc a gruppo, non blocco quindi, è un insieme di soggetti che si definiscono anarchici o di gruppi di affinità che si definiscono anarchici i quali si organizzano tra di loro per un’azione di protesta violenta. 

L’autodefinizione che fa riferimento all’anarchismo - corrente di pensiero antica quanto nobile - è del tutto arbitraria, dal momento che nella cultura dei Black Bloc è proprio l’assenza di pensiero il dato caratterizzante.

Le caratteristiche di un Black Bloc cambiano di azione in azione. 

I Black Bloc non sono un gruppo o un’organizzazione, non hanno sedi o giornali e neppure una precisa ideologia. L’unica idea guida è quella di attaccare e distruggere tutti i simboli del capitalismo. Proprio per le loro caratteristiche qualsiasi Black Bloc è perfettamente infiltrabile.

Ad accomunarli solo la forza distruttiva dell’azione. Il NO radicale a tutto.

Nichilismo allo stato puro? Perfino il nichilismo - inteso come corrente politica rivoluzionaria nella Russia del secondo ‘800 – aveva in sé qualche germe di propositività. 

L’idea unificante del circuito Black Bloc – che non è una struttura organizzata e tantomeno una forza politica, seppure minoritaria – è quello della pratica distruttiva: la distruzione dei simboli del capitalismo come estrema conseguenza del rifiuto di ogni rapporto con le Istituzione della società moderna.

Il dato da tenere sempre presente per non incorrere nell’errore tipico in cui cadono regolarmente i media tradizionali e buona parte della magistratura italiana (i formidabili cervelli togati di Cosenza, in particolare) è che i Black Bloc NON sono un’organizzazione. NON esiste una sede dei Black Bloc, né in Italia, né all’estero. Né un giornale dei Black Bloc. Né un’ideologia Black Bloc. 

Esistono invece dei soggetti che – in particolari occasioni, solitamente manifestazioni e cortei – si aggregano momentaneamente, quel tanto che basta a commettere un’azione violenta.